Rappresentano la quarta comunità straniera in provincia di Modena (quinta in Emilia-Romagna) e la prima nella classifica delle imprese individuali gestite da stranieri.
Parliamo dei cinesi, che al 1° gennaio 2019 erano 6.169, cioè il 6,6% del totale degli stranieri residenti a Modena e provincia. Alla stessa data in regione erano quasi 30 mila, equamente divisi tra donne e uomini. Modena, Bologna e Reggio Emilia sono nell’ordine le tre province nelle quali si sono insediate le cosiddette “Chinatown” più numerose: abita qui il 60% dei cinesi residenti in regione.
Eppure sono quasi del tutto sconosciuti al sindacato.

«Sui cinesi bisogna smentire alcuni luoghi comuni – dichiara il segretario generale della Cisl Emilia Centrale William Ballotta – Sono sempre stati dipinti come una comunità quasi invisibile, molto legata al Paese d’origine e alle sue tradizioni. In realtà è una comunità molto giovane (gli over 70 sono poche decine) e ci risulta stia crescendo il numero di ragazzi cinesi che ottengono la cittadinanza italiana.
Quindi la scuola è il luogo ideale per favorire l’integrazione».

In questo quadro demografico balza in primo piano l’economia, che vede Modena giocare un ruolo primario. La stragrande maggioranza dei permessi di soggiorno concessi a cinesi è motivata con esigenze di lavoro autonomo. I numeri delle imprese individuali (le cosiddette microimprese) sono la miglior cartina di tornasole. Secondo gli ultimi dati della Camera di commercio di Modena, sono quasi 1.200 le imprese individuali cinesi (il 3,3% del totale delle imprese individuali modenesi). A Modena è cinese la metà di tutte le ditte individuali operanti nel tessile-abbigliamento-confezioni, concentrate principalmente tra Carpi, Campogalliano, Soliera e Novi. Nei servizi di ristorazione sono registrate 200 imprese individuali cinesi, pari al 13% del totale.

«I dati ci dicono che i cinesi preferiscono essere imprenditori e non è raro che abbiano dipendenti italiani, specie in certi settori, come i centri estetici, dove servono specifiche qualifiche professionali – spiega Ballotta – Quanto ai lavoratori cinesi, scontano l’assenza dei sindacati nel loro Paese d’origine (tranne che nella regione di Guangdong). Noi della Cisl cerchiamo di instaurare rapporti, ma più che di tutela sindacale, i cittadini cinesi che si rivolgono ai nostri uffici hanno bisogno di servizi burocratici, come il rinnovo delle pratiche di soggiorno».

Dunque il dialogo tra cinesi e sindacati italiani stenta a decollare, peraltro non solo a Modena. Basti pensare che alla festa nazionale del 1° maggio 2018, organizzata Prato, mancavano proprio i lavoratori cinesi.

«Il sistema di lavoro comunista in Cina ha accentuato un liberismo sfrenato nei luoghi di lavoro e questo, trasferito anche nel nostro Paese, ha consentito alcune storture, come ad esempio il lavoro a tutti gli orari e tutti i giorni – afferma Rosamaria Papaleo, componente della segreteria Cisl Emilia Centrale – Qui è strategico l’impegno delle direzioni territoriali del lavoro, ma anche delle parti sociali, alle quali è chiesta un’attenzione specifica sul tema. Il primo passo è conquistare la fiducia del lavoratore cinese. Quando è successo, abbiamo scoperto, specie nel terziario e nel tessile, contratti irregolari: numero di ore lavorate superiori al consentito, salario al di sotto del minimo, restituzione di parte del salario. Ci sono stati casi di assunzioni fittizie al solo fine di ottenere il permesso di soggiorno.
Al di là della segnalazione alle direzioni territoriali del lavoro, il cui ruolo è fondamentale per stroncare concorrenza sleale alle imprese sane, – prosegue Papaleo – il sindacato può intervenire solo se il lavoratore gli conferisce mandato. Quando un lavoratore cinese arriva al sindacato, spesso non parla italiano ed è accompagnato dal datore di lavoro. Speriamo, quindi, nel ricambio generazionale, ma è evidente che il gap culturale lo si scardina a partire dalla lingua, che dovrebbe essere insegnata obbligatoriamente ai richiedenti soggiorno.
In un futuro non troppo lontano, così come già avvenuto in altre realtà italiane, auspichiamo di avere anche a Modena il primo sindacalista cinese e poter interagire meglio con questa comunità, così come da anni interagiamo con molte altre comunità straniere. Quella cinese – conclude la segretaria della Cisl Emilia Centrale – è una delle periferie del lavoro che un sindacato di prossimità come il nostro deve imparare a frequentare più spesso e più efficacemente».