Cure anti cancro, a oggi non vi sono prove di maggiore sicurezza o efficacia clinica, né di miglioramento della sopravvivenza, trattando i pazienti oncologici con Adroterapia invece che con Radioterapia convenzionale. Lo si evince da un’analisi condotta dai ricercatori Luciana Ballini, Giulio Formoso, Francesco Venturelli e Massimo Vicentini dell’Azienda Usl IRCCS di Reggio Emilia in collaborazione con Emilio Chiarolla di AGENAS (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) e Tom Jefferson dell’Università di Oxford.

L’Adroterapia è una forma di radioterapia introdotta negli Anni ‘80, che di recente ha visto un notevole incremento di centri dedicati e di investimenti per sostenerne i costi elevati. Essa utilizza fasci di protoni o ioni di carbonio per il trattamento dei tumori. A differenza della Radioterapia convenzionale, dovrebbe avere un’azione più selettiva e precisa, consentendo la distruzione mirata e localizzata del tumore, in particolare quando questo si trova vicino a organi delicati e sensibili, come ad esempio il cervello, dove la precisione è fondamentale per non creare danni collaterali ai tessuti sani.

Il lavoro, cui ha partecipato il gruppo reggiano, presenta lo stato dell’arte della Ricerca clinica condotta sull’Adroterapia, attraverso la sintesi dei risultati dei più recenti rapporti di Health Technology Assessment (HTA) pubblicati e la descrizione degli studi clinici attualmente in corso. Sono stati inclusi più di 300 studi clinici condotti su 16 tipologie di tumore e oltre 150 ancora in corso. (L’HTA è una metodologia fondamentale utilizzata per valutare l’impatto dell’introduzione delle nuove tecnologie sanitarie nella pratica clinica e organizzativa).

“Si tratta di un’analisi imponente su un argomento molto importante – spiegano i ricercatori Ausl IRCCS coinvolti – dato il crescente interesse nell’utilizzo delle due promettenti forme di Adroterapia attualmente disponibili, la terapia protonica e la terapia con ioni di carbonio. I vantaggi principali dovrebbero essere la riduzione della tossicità e degli effetti collaterali oltre che un minore rischio di tumori secondari rispetto alla Radioterapia convenzionale. Quest’ultimo sarebbe un vantaggio particolarmente rilevante per i pazienti pediatrici e i giovani adulti. Purtroppo, malgrado i numerosi studi, le prove scientifiche a supporto della superiorità di questi trattamenti rispetto alla Radioterapia con fotoni tradizionale sono ancora insufficienti e la ricerca dei prossimi anni difficilmente sarà in grado di risolvere questa incertezza”.

“Nonostante il progressivo aumento di centri di Adroterapia in tutto il mondo – concludono gli autori – vi è una persistente mancanza di coordinamento tra i ricercatori con una conseguente proliferazione di piccoli studi di bassa qualità. Questi limiti impongono pertanto che si faccia una maggiore informazione ai pazienti sui rischi e sull’incertezza degli esiti che questi trattamenti comportano”.

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Link studio: https://www.recentiprogressi.it/articoli.php?archivio=yes&vol_id=3278&id=32516

foto di gruppo dei ricercatori Ausl IRCCS di Reggio Emilia che hanno condotto lo studio (da sinistra: Giulio Formoso, Massimo Vicentini, Luciana Ballini, Francesco Venturelli).