Ripresa molto lenta dal 18 maggio con ricavi esigui, misure governative di aiuto all’economia giudicate insufficienti, ricorso prevalente a mezzi propri per finanziare l’attività, produzione normativa regionale bocciata, grande incertezza sulla possibilità di superare la crisi, forte domanda di taglio a tasse e burocrazia, giudizio negativo sulle azioni comunali di sostegno alle imprese. E’ quanto emerge, in sintesi, da una indagine condotta dall’ufficio studi di Confcommercio Modena su un campione di poco più di 200 imprese del terziario.

IL PANEL DI IMPRESE

L’analisi ha coinvolto un campione di 215 imprese appartenenti ai seguenti settori: commercio (22%), agenti e rappresentanti (18%), bar e ristoranti (15%), ricettività (13%), abbigliamento/moda (11%), servizi (11%) e altri ambiti minori (11%).

IL FATTURATO DALLA FINE DEL LOCK DOWN

Drammatico l’andamento dei ricavi dal 18 maggio, giorno di riapertura ufficiale per le attività, nel confronto con l’analogo periodo del 2019: il 70% ha perso oltre il 50% dei ricavi e il settore ricettivo, con diminuzioni medie del 90%, è quello che maggiormente soffre; il 22% del campione accusa incassi in calo tra il 30 e il 50%, mentre la restante quota dichiara di avere avuto incassi stabili (10%) o aumentati (8%).

GLI STRUMENTI UTILIZZATI PER LE NECESSITA’ FINANZIARIE

Per far fronte alle necessità finanziarie non rinviabili (affitti, utenze, manutenzioni, fornitori, eccetera), le imprese hanno fatto innanzitutto ricorso a risorse proprie (59%); il 49% ha inoltre chiesto uno dei finanziamenti garantiti dallo Stato introdotti con il Decreto Liquidità e il 44% ha già presentato domanda per il contributo a fondo perduto previsto dal Decreto Rilancio.

GIUDIZIO SULLE MISURE GOVERNATIVE DI SOSTEGNO ALLE IMPRESE

Gran parte del campione boccia senza appello le misure varate dal Governo a sostegno del mondo delle imprese: per il 65% sono state insufficienti, per il 26% parzialmente adeguate e solo il 6% le giudica adeguate.

GIUDIZIO SUI PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI DI GOVERNO E REGIONI

Il giudizio è largamente negativo anche sui provvedimenti amministrativi messi in campo da Governo e Regione per affrontare l’emergenza sanitaria: solo una quota inferiore ad un terzo delle imprese li ritiene infatti adeguati. Decreti e ordinanze nazionali sono considerati farraginosi (25%), troppo rigidi (16%), inutili (12%) e produttivi di allarme nella popolazione (20%). Il 55% degli intervistati imputa invece alla produzione normativa della Regione farraginosità (55%) e incomprensibilità (15%).

GIUDIZIO SULLE AZIONI VARATE DAI COMUNI

Non lusinghiero il “voto” ottenuto dai Comuni, che nella grandissima parte dei casi non hanno adottato specifici provvedimenti di aiuto al mondo delle imprese: per il 60% le misure comunali sono insufficienti e solo il 15% le reputa utili.

MISURE URGENTI PER PER FAR RIPARTIRE L’ECONOMIA

In pieno dibattito nazionale, per ora inconcludente, su cosa serva al Paese per tornare a correre, alle imprese è stato chiesto quali azioni sarebbero da approvare con urgenza: per l’82% servirebbe una sforbiciata alle tasse, per il 67% il taglio della burocrazia, per il 55% maggiori contributi a fondo perduto, per il 39% più crediti di imposta e incentivi, per il 32% credito bancario erogato in modo più veloce e con meno burocrazia. Solo il 19% auspica che gli ammortizzatori sociali vengano confermati anche nel 2021.

LE PROSPETTIVE SUL PERSONALE E LA CONTINUITA’ AZIENDALE

Nei prossimi mesi quasi il 50% delle imprese non prevede di ridurre il personale, il 23% ritiene invece che sarà costretto a farlo ed il 31% valuterà cosa fare in relazione all’evoluzione di un quadro economico molto incerto. L’incertezza sul prossimo futuro condiziona evidentemente le risposte sulla possibilità di superare questo periodo di crisi: il 48% non ha dubbi di poter “scollinare”, ma il 52% non è in grado di esprimersi.

IL COMMENTO DEL PRESIDENTE PROVINCIALE TOMMASO LEONE

«La fotografia che ci consegna la nostra indagine – puntualizza Tommaso Leone, presidente provinciale di Confcommercio – è un ulteriore campanello d’allarme sullo stato di salute delle nostre imprese, che fa il paio con il clima di fiducia delle famiglie, giunto al valore più basso da dicembre 2013 e con le stime sulla contrazione del Pil italiano diffuse oggi dal FMI: per invertire la rotta ed evitare che migliaia di imprese alzino bandiera bianca, non possiamo certo aspettare i soldi dell’Europa o altre settimane di di dibattito, ma serve invece un piano urgente di azioni draconiane, nel quale ognuno dei pezzi della filiera istituzionale che governa il Paese faccia la propria parte».