“Basta con la rincorsa dei codici Ateco per dare ristoro alle imprese colpite dalle misure di contenimento della pandemia. Bisogna indennizzare tutti gli imprenditori che hanno subito gravi perdite di fatturato, indipendentemente dalla loro appartenenza a settori e ambiti di mercato”. Carlo Alberto Rossi, Segretario Generale Lapam Confartigianato lancia un appello per una revisione della tassonomia delle imprese. Sistema che, in questi mesi di emergenza, sta portando alla luce tutti i propri limiti.

“Dopo tanti mesi di fermo e di stop and go delle attività, tutto il sistema economico italiano è andato in sofferenza. Non si deve più tentare di correre dietro alla realtà con i codici Ateco – sottolinea il Segretario Lapam -. Occorre che nella prossima legge di bilancio si reperiscano le adeguate risorse aggiuntive per dare ristoro a tutti gli imprenditori che hanno subito perdite gravi, a qualsiasi settore e pezzo della filiera appartengano, e con un riferimento temporale più ampio possibile che tenga conto dei tanti mesi di fermo delle attività. Serve un provvedimento generalizzato per tutte le imprese e selettivo nell’individuazione di chi ha subito perdite. Stiamo parlando di fatturati che sono crollati e per individuarli è presto fatto: è sufficiente utilizzare e confrontare i dati della fatturazione elettronica, obbligatoria per le imprese dal 2019, che sono già in possesso della Pubblica amministrazione”.

Perché i codici Ateco devono essere rivisti

Il Codice Ateco è un numero che identifica l’attività svolta dalle imprese. Tutte le imprese hanno uno o più codici Ateco, assegnati all’atto della propria iscrizione in Camera di Commercio in base alle attività svolte. “Tutto bene – spiega Rossi – se non fosse che, oltre alla mera classificazione delle attività anche per finalità statistiche e di anagrafica nazionale delle imprese, il codice Ateco è stato utilizzato per decidere nella fase di lockdown chi avrebbe potuto tenere aperto e chi invece doveva interrompere l’attività. Oltre a generare una serie di criticità legate alla disparità di trattamento del mondo imprenditoriale, è stato messo in luce come il codice Ateco è inadatto a cogliere il complesso sistema di relazioni di fornitura e subfornitura delle catene del valore. Inoltre – conclude il segretario Lapam – nella fase più critica dell’emergenza, alcune attività si sono trovate nella paradossale situazione di avere uno dei propri codici Ateco sospeso per decreto ed altri liberi da ogni vincolo. Una revisione, sia del sistema di classificazione che degli strumenti per l’individuazione delle attività delle imprese, è a questo punto necessaria”.