Un periodo di incertezze e di crisi che si protrae da due anni, un ‘ultimo miglio’ che ciclicamente sembra avvicinarsi e poi allontanarsi, molte decisioni che non prendono in considerazione le esigenze dello sport di base. Enrico Balestra (foto), presidente Uisp Emilia-Romagna, analizza nel dettaglio la situazione che ha portato a nuove norme sulla pratica sportiva, a dolorose sospensioni e a fare i conti con un rincaro dei costi energetici che sta rapidamente diventando insostenibile nella gestione degli impianti. «Aprire le porte di una piscina in gennaio può costare 15mila euro a settimana – racconta Balestra –. Ha senso farlo, in questo periodo?». Il rappresentante emiliano-romagnolo dello sport per tutti prende poi in considerazione i diversi aspetti che mettono in apprensione il mondo sportivo, puntando l’attenzione su alcune occasioni mancate e alcuni errori di prospettiva.

 

PRATICA SPORTIVA E COVID. «Stiamo vivendo un lockdown de facto: non c’è una chiusura dall’alto come nell’inverno scorso, ma tra quarantene e paura di contagiarsi moltissime persone non possono o non vogliono fare sport, almeno in questo periodo. Tutti speriamo che sia l’ultimo colpo di coda della pandemia, anche se sta crescendo sempre più un senso di rassegnazione. Il futuro è nella socialità: le persone devono poter tornare fuori e ritrovarsi in sicurezza. Il distanziamento sociale avrà conseguenze pesantissime, soprattutto tra i più giovani. Uisp e gli altri enti devono costruire larghe alleanze per affrontare questi temi e provare a risolverli. Nell’intraprendere questo cammino sarà importante capire cosa le persone si aspettino oggi ma anche ragionare in prospettiva, partendo da un assunto: Uisp è nata per tenere insieme le persone, non per allontanarle».

SOSPENSIONE CAMPIONATI. «Uisp ha sospeso buona parte delle sue attività per necessità. I nostri titoli e le nostre coppe hanno rilevanza sportiva ma soprattutto sociale: coi mezzi che abbiamo però, tra vaccini, pass e protocolli, dobbiamo riuscire a riprendere presto e in sicurezza».

IMPIANTI. «La pandemia poteva essere l’occasione per una ristrutturazione globale dell’impiantistica sportiva, invece rischiamo di concentrarci su proposte marginali e di scarso impatto. La ristrutturazione al 110% poteva essere destinata principalmente all’impiantistica pubblica, risolvendo problemi atavici di scuola, piscine, palestre? Problemi di cui si parla spesso senza riuscire a concretizzare le soluzioni. Mentre le ‘riforme strutturali’ dell’ordinamento sportivo sono rimandate a data da destinarsi, all’interno del PNRR non leggiamo un piano globale e strategico per lo Sport. A questo si aggiungono i problemi contingenti, uno su tutti il caro energetico: in gennaio tenere aperta una piscina può costare oltre 10mila euro a settimana, i gestori valutano quotidianamente se non convenga chiuderle. Anche un campo da tennis o calcetto oggi costa il 30% all’ora in più rispetto a pochi mesi fa. Una situazione insostenibile per chi gestisce».

TAMPONI. «Nel rispetto delle competenze delle istituzioni sanitarie posso limitarmi ad esprimere un parere personale che si avvicina a ciò che propongono diversi Presidenti di Regione: è possibile operare una distinzione più netta tra persone contagiate e persone con sintomi? Trattarle alla stessa maniera rischia di disperdere energie e di caricare ulteriormente il sistema sanitario. Se questo vorrà dire ridurre il tracciamento coi tamponi lo vedremo, ma dobbiamo rendere il sistema più efficiente e meno burocratico».

AGONISMO E SPORT DI BASE. «Ci sono tanti temi sul piatto, come quello del certificato medico che va aggiornato dopo aver passato la malattia. In questo senso siamo molto preoccupati del fatto che si continui a parlare sempre e solo dello sport di vertice e non dello sport di base, anche in termini di ‘return to play’ e pratica. La salute del mondo sportivo nel suo complesso non si misura con gli ori olimpici, ma su quante persone praticano sport e come: bisognerebbe smetterla di parlare di Cristiano Ronaldo o Marcell Jacobs, e preoccuparsi della crescente sedentarietà dei ragazzi, della solitudine e delle paure dei cittadini che non escono di casa».

DA REGGIO EMILIA. La preoccupazione è alta a tutti i livelli, sul panorama locale il Presidente di Uisp Reggio Emilia Azio Minardi aggiunge: «Dopo questi due anni che ci hanno messo a durissima prova, siamo ormai a un crocevia per lo sport di base e per il settore della gestione degli impianti sportivi: o la politica, il governo e gli Enti locali inquadrano questo tema non solo nell’ambito dei ristori, ma come un’opportunità per incentivare stabilmente l’attività motoria e promuovere il terzo settore oppure il nostro è un mondo che uscirà con le ossa rotte da questa pandemia. Molte società sportive hanno abbandonato la scena e altre non sono più in grado di gestire gli impianti che rischiano di diventare cattedrali nel deserto: qualcuno si muova.»