È difficile, forse impossibile, calcolare con precisione l’incidenza del turismo sull’economia di un territorio, dato che esso incide in modo trasversale su molteplici attività di produzione e vendita di beni e servizi, come i trasporti o la ristorazione, che non trovano giustificazione soltanto nel turismo.

Tuttavia è convinzione diffusa che negli ultimi anni questa branca abbia rivestito un ruolo sempre più rilevante rispetto all’andamento complessivo dell’economia, soprattutto in un Paese, come l’Italia, che vanta un patrimonio di risorse artistiche, culturali e naturali unico al mondo. Non a caso si parla oggi comunemente di “industria turistica”.

Lo stesso discorso vale anche per l’Emilia-Romagna, le cui località, non solo balneari, rappresentano da decenni un forte motivo d’attrazione per migliaia di turisti italiani e stranieri.

La crisi pandemica del 2020 ha interrotto una crescita imponente dei flussi turistici che proprio nel 2019 aveva toccato l’apice anche in questa regione. Ma la ripresa registrata poi nel 2021 e 2022 ha avuto un ruolo fondamentale nel recupero economico ed occupazionale. Nel 2023 la crescita sia degli arrivi sia delle presenze è stata più contenuta e condizionata negativamente da diversi fattori: l’aumento dei prezzi, le crescenti tensioni geopolitiche, senza dimenticare le gravi ripercussioni dei drammatici eventi alluvionali e franosi che hanno colpito nel maggio scorso una parte rilevante del territorio regionale. Anche a causa di tutto ciò, è stato decisivo nel 2023 soprattutto il contributo del turismo di origine straniera.

Neppure i dipendenti del settore “alloggio”, quello più direttamente legato all’andamento turistico, sono tornati allo stesso livello del 2019: i dati Inps segnalavano nel 2022 una riduzione superiore al 2% e inoltre una quota minore di lavoratori a tempo indeterminato (dal 19,3% al 18,9%), quindi un ulteriore aumento della precarietà in un settore già fortemente stagionale e precario.

Il recupero di questi ultimi anni si è accompagnato anche ad importanti processi di cambiamento, che hanno favorito o indebolito in modo disomogeneo i diversi comparti e le diverse aree territoriali dell’offerta turistica.

Dal lato della domanda, si sta sempre più affermando il turismo rivolto a mete con forte valenza culturale e naturalistica. È il caso della maggior parte delle grandi città, Bologna in testa, ma anche delle località collinari, soprattutto se collocate nell’ambito di percorsi naturalistici. È calata invece la domanda rivolta alle mete termali, a quelle sciistiche (anche per mancanza di neve), con una tenuta faticosa e disomogenea delle località balneari, a partire da quelle più affermate come Rimini e Riccione, sicuramente penalizzate dal molto minore afflusso del turismo russo.

Dal lato dell’offerta si assiste al vero e proprio boom degli alloggi in affitto gestiti da privati, il cui numero di posti letto in regione è più che raddoppiato dal 2014 al 2022, a scapito soprattutto delle strutture alberghiere più economiche. Un fenomeno che, com’è noto, sta portando a gravi distorsioni del mercato degli affitti soprattutto nelle città già interessate da un forte afflusso di studenti universitari. È il caso, ancora, del comune di Bologna, dove dal 2014 al 2022 i posti letto offerti da privati per affitti brevi sono passati da circa 1.400 a quasi 6.000.

Secondo il segretario generale Cgil Emilia Romagna Massimo Bussandri: “Il turismo sicuramente rappresenta da tempo, e dovrà continuare a rappresentare, una risorsa importante per l’economia e il lavoro dell’Emilia-Romagna, ma potrà farlo tanto meglio se saprà svilupparsi lungo un percorso di qualificazione: maggiore stabilizzazione della forza-lavoro, anche attraverso una sua migliore remunerazione; limitazione allo sfruttamento del territorio e del patrimonio naturalistico; regolamentazione e contenimento, soprattutto nei centri storici, dell’offerta di affitti brevi, per non danneggiare la residenzialità e la mobilità scolastica e lavorativa delle persone. Naturalmente – conclude Bussandri – questa strategia si deve andare ad intrecciare con la vocazione manifatturiera della nostra regione e con la sua capacità innovativa: condizioni indispensabili per costruire un modello produttivo solido e ad alto valore aggiunto in tutte le sue componenti”.

“La Filcams CGIL – sottolinea Emiliano Sgargi segretario generale Filcams Cgil Emilia Romagna – da tempo insiste sull’importanza del Turismo per l’intera economia nazionale poiché questo settore rappresenta un importante volano anche per lo sviluppo di molti altri comparti: dai servizi al commercio, dai trasporti alla cultura.

La fase della pandemia Covid – continua Sgargi –  ha determinato per l’industria turistica nel suo complesso una brusca frenata, ma ha anche dimostrato una rapidissima capacità di riprendere la crescita in tempi brevi, così come si evince anche dal numero degli occupati. Contemporaneamente però, si è confermata purtroppo anche la strutturale precarietà che contraddistingue in larghissima misura i rapporti di lavoro degli occupati. Come si evince infatti dai dati proposti, anche in Emilia – Romagna nel 2022 meno di un dipendente su cinque era assunto a tempo indeterminato e, se si escludono i part – time, la percentuale scende addirittura al 12.9%.

A tale precarietà contrattuale – evidenzia il segretario –  si somma poi la mancata redistribuzione della ricchezza prodotta a causa del mancato rinnovo dei contratti nazionali, tutti scaduti tra il 2018 ed il 2021. Di conseguenza, i già bassi salari non riescono a recuperare nemmeno il potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Precarietà, part-time involontari, basse retribuzioni, flessibilità esasperata non possono produrre una occupazione di qualità, confermando pertanto la nefasta visione che considera il lavoro in questo settore quasi esclusivamente stagionale, provvisorio, precario e con quindi con meno dignità degli altri. L’industria turistica avrebbe invece bisogno di affermare una visione completamente opposta per esprimere tutte le proprie potenzialità di sviluppo: maggiore progettazione, investimenti e formazione con lo scopo di determinare occupazione stabile, retribuzioni dignitose e condizioni di lavoro sostenibili nel pieno rispetto dei contratti collettivi e delle norme a tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro”.