“Il valore del lavoro si misura sul rispetto della centralità della persona e sulla sua dignità” e, ancora, il lavoro è il compimento della creazione, cioè dell’opera di Dio”; lo ha detto il Vescovo di Reggio Emilia, mons. Giacomo Morandi, nell’incontro con i dirigenti reggiani di Confcooperative Terre d’Emilia.

Un “faccia a facia” avvenuto avendo a sfondo il tema dell’anno giubilare, ovvero quella speranza che può alimentare anche ogni possibile sviluppo e, soprattutto, sorreggere uno degli obiettivi e delle esortazioni del Vescovo: “dobbiamo crescere in umanità”.

Il presidente della centrale cooperativa, Matteo Caramaschi, ha sottolineato, tra l’altro, che “i cooperatori sono donne e uomini di speranza, e non solo perché sfidano mercati complessi partendo spesso da piccole comunità. I cooperatori rappresentano, prima di tutto, la speranza dell’uno nell’altro, confidano nella solidarietà e nella responsabilità di ciascuno, sperano e coltivano ogni giorno la possibilità di un lavoro che porti ad equità nella distribuzione della ricchezza e a giustizia sociale”.

“Siamo attivi e presenti nei grandi cambiamenti dell’economia e dei sistemi produttivi – ha detto Caramaschi, ricordando che all’organizzazione fanno capo 620 imprese con 135.000 soci e 47.000 lavoratori -, ma siamo anche potentemente a fianco di quanti hanno più bisogno di azioni che alimentino le speranze per le possibilità di inclusione al lavoro, per la sconfitta delle discriminazioni, per il soccorso su quelle fragilità che non possono divenire una condanna.

Dal presidente di Confcooperative Terre d’Emilia sono giunte parole rassicuranti sulla crescita del sistema in termini di occupati e fatturato, ma anche preoccupazioni circa la fatica con la quale si realizzano nuovi percorsi imprenditoriali in forma cooperativa, “cioè la difficoltà, per molti versi paradossale, di promuovere  imprese solidali, in cui la responsabilità individuale è fonte di impegno collettivo, in cui l’equità è valore fondamentale e dentro le quali il rispetto della persona e del principio della porta aperta sono elementi fondativi”.

“In realtà – ha concluso Caramaschi, “c’è un grande bisogno di cooperazione per promuovere sviluppo sostenibile, inclusione al lavoro, un ampliamento delle tutele sociali, fronteggiare crisi aziendali e difficoltà nella continuità generazionale, crescita di imprese di comunità e di comunità energetiche”.

Anche da qui, dunque, l’appello ad una Chiesa “che incoraggi la cooperazione, la collaborazione tra donne e uomini per favorire il lavoro, che incoraggi i governi a scegliere vie giuste per la promozione di una cultura d’impresa che abbia a cuore la sostenibilità, l’inclusione, la responsabilità e la funzione sociale”.

Un incoraggiamento che non è mancato da parte di mons.Camisasca, cui sono state presentate, tra l’altro, le esperienze importanti della cooperazione a sostegno dell’inclusione lavorativa dei più fragili, del lavoro con le famiglie e i giovani che scontano situazioni di disagio, di un agroalimentare responsabile delle risorse naturali e di imprese di lavoro (dalle costruzioni ai servizi) che includono le persone in percorsi di autoimprenditorialità.

“La cooperazione – ha detto mons. Morandi – è un formidabile antidoto ad una visione autocentrata che guarda all’”io”, quando è necessario porre al centro il “noi”, soprattutto in un tempo in cui scontiamo uno spaventoso deficit relazionale”.

Al confronto è intervenuto, in collegamento, anche don Mario Diana, delegato CEI come assistente nazionale di Confcooperative.