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Nei giorni scorsi, su delega della Procura della Repubblica, militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Modena hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca obbligatoria, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Modena, nei confronti di un medico, professore universitario associato già Direttore di unità operativa oculistica ospedaliera, indagato per l’ipotesi di reato ai danni dell’Azienda Ospedaliera Policlinico Universitaria di Modena, per un importo complessivo pari a oltre 360.000 euro.

Le indagini, condotte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Modena, hanno consentito di accertare che il professionista, autorizzato all’espletamento di attività libero – professionale intramuraria ambulatoriale presso il proprio studio, effettuava prestazioni specialistiche a favore di privati omettendo la registrazione delle visite e percependo i relativi compensi prevalentemente in contanti, senza versarli né darne alcuna comunicazione all’Ente pubblico di appartenenza, in violazione delle convenzioni con lo stesso stipulate.

Le indagini di polizia giudiziaria sono scaturite dalle risultanze acquisite nel corso di una verifica fiscale avviata nei confronti del professionista, nell’ambito della quale è stata acquisita documentazione extracontabile – in particolare fogli e agende manoscritti – su cui erano annotate le singole visite mediche effettuate e i compensi percepiti. L’attenzione degli investigatori si è concentrata su alcuni importi che riportavano, di fianco, un’annotazione con un “carattere speciale”, costituito da un cerchietto contenente un simbolo. Dal raffronto dei dati comunicati dall’Azienda Ospedaliera Policlinico Universitaria di Modena, emergeva come le prestazioni corrispondenti non fossero state comunicate alla stessa e fossero avvenute senza il versamento del corrispettivo nelle casse dell’Azienda in parola.

E’ stato così ricostruito come l’indagato, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2018 e il 30 marzo 2020, quando era legato da un rapporto di esclusività con l’Azienda Ospedaliera, aveva eseguito in tal modo circa 3.000 visite mediche, percependo compensi per oltre 360.000 euro. Dal 1° aprile 2020, il medico apriva una partita IVA e richiedeva il passaggio al rapporto non esclusivo (c.d. extramoenia).

Gli approfondimenti svolti hanno anche consentito di accertare come parte dei compensi, per un importo pari a circa 120.000 euro, venivano in realtà percepiti attraverso una società in accomandita semplice, di cui il professionista era amministratore di fatto ed il coniuge era socio accomandante. In particolare, la società stessa era utilizzata quale “schermo” per l’emissione di fatture nei confronti dei pazienti, riportanti come causale fittizia il noleggio agli stessi di attrezzature mediche per l’esecuzione di esami strumentali. Questo comportava l’applicazione dell’aliquota IVA del 22% sull’importo fatturato, in luogo dell’esenzione prevista per le prestazioni sanitarie, con conseguente aggravio economico in danno dei propri assistiti, i quali, peraltro, erano impossibilitati a portarsi in detrazione nella propria dichiarazione dei redditi il costo delle visite mediche.

Per le condotte constatate il medico è stato denunciato alla Procura della Repubblica per il reato di peculato, in quanto, nella sua qualità di direttore pro tempore di una struttura sanitaria dell’Azienda Ospedaliera Policlinico di Modena e, quindi incaricato di pubblico servizio, aveva incassato e trattenuto indebitamente somme destinate al predetto Ente pubblico. Inoltre, il medico e la sua coniuge sono stati denunciati per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti con riferimento alle prestazioni fatturate attraverso la società in accomandita semplice.

Sulla base del decreto emesso dal G.I.P. del Tribunale di Modena su richiesta della Procura della Repubblica, sono state sequestrate disponibilità finanziarie per oltre 55.000 euro e due unità immobiliari nel centro storico di Modena, per un ammontare pari all’intero profitto del reato di peculato allo stato contestato, quantificato in oltre 360.000 euro.

Si precisa che i due indagati sono da ritenersi presunti innocenti fino a sentenza irrevocabile di condanna.