Con l’arrivo del nuovo anno scolastico, cresce l’attenzione verso un tema spesso trascurato ma sempre più urgente: le povertà invisibili che molti bambini vivono tra i banchi di scuola. Non si tratta solo di carenza di risorse economiche, ma anche di solitudine, assenza di ascolto, difficoltà emotive e mancanza di strumenti adatti per esprimere il proprio potenziale. Fragilità silenziose che restano nell’ombra, ma condizionano profondamente l’esperienza scolastica e la crescita dei più piccoli. Famiglie, insegnanti ed educatori possono però fare la differenza, lavorando insieme per costruire un contesto scolastico più umano, attento e accogliente.

Antoniano, in collaborazione con il Dottor Alessandro Ghezzo, medico specialista in Neuropsichiatria Infantile presso il Centro Terapeutico dell’Antoniano, condivide un vademecum con 7 consigli per riconoscere e affrontare le povertà invisibili che molti bambini vivono a scuola. Un invito a costruire insieme, tra famiglie e scuola, un contesto capace di rispondere ai bisogni spesso silenziosi dell’infanzia.

La riflessione nasce proprio dall’esperienza di Antoniano, che da oltre sett’anni traduce la solidarietà in azioni concrete, affiancando bambini e famiglie che vivono in situazioni di fragilità: dalla mensa fino al Centro Terapeutico, passando per lo Zecchino d’Oro e il Piccolo Coro, che trasformano la musica in veicolo di valori e inclusione, ogni giorno Antoniano costruisce infatti luoghi di accoglienza e ascolto. È in questo solco che si inserisce anche il lavoro quotidiano del Centro Terapeutico, dove professionisti dell’infanzia offrono supporto alle famiglie e contribuiscono a creare reti educative capaci di riconoscere e affrontare le povertà invisibili. Perché ogni bambino ha diritto a crescere in un contesto che sappia vederlo, comprenderlo e valorizzarlo.

Aprire un dialogo con la scuola, senza timori

Tra le difficoltà dell’inclusione scolastica, la paura è forse la più grande da superare. Esprimere le proprie preoccupazioni o avanzare proposte che possano guidare il proprio figlio e il proprio alunno verso un’istruzione proficua può però aiutare le famiglie e la scuola ad allontanare i timori. Un dialogo aperto e costruttivo tra famiglia e scuola, anche con il supporto di mediatori, può sciogliere le incomprensioni e creare un ponte di fiducia reciproca.

Costruire un piano condiviso con la scuola

Come un direttore d’orchestra, che per la riuscita di un’esibizione deve dirigere i musicisti e armonizzare gli strumenti, così scuola, famiglia e terapisti devono coordinarsi attraverso un piano chiaro e dettagliato. Individuare gli obiettivi del bambino è un passaggio necessario per assicurargli un percorso coerente e mirato, che prosegua anche fuori dalle mura scolastiche.

Tra le ‘povertà invisibili’ c’è anche quella dei genitori, che, in alcuni casi, si vedono costretti a gestire da soli le crisi dei figli e ad allontanarsi dal posto di lavoro, cosa non sempre possibile con facilità. Venirsi incontro reciprocamente e avere fiducia gli uni degli altri, condividendo un preciso e dettagliato piano terapeutico, può però contribuire ad arginare questa povertà, tutto grazie alla ricchezza del lavoro di équipe”, spiega il Dottor Alessandro Ghezzo.

Rimanere vicini al proprio figlio e alunno, anche quando è difficile

Sostenere i propri figli e alunni non è impresa semplice: essere più presenti e aiutarli nell’apprendimento, comporta prendere decisioni difficili che spesso hanno un impatto sull’organizzazione familiare e della scuola. Ma è proprio sulla presenza e sul supporto diretto da parte dei genitori e degli insegnanti che il bambino deve poter contare, per costruire la sua autostima giorno dopo giorno.

Conoscere i limiti e le potenzialità, studiare il profilo di sviluppo del bambino, senza mai arrendersi

Una rigorosa valutazione quantitativa e qualitativa è alla base di un approccio realistico alle difficoltà e alle risorse del bambino e dell’ambiente in cui vive. Questo approccio è un atto scientifico basato sull’evidenza, ma anche un atto di coraggio e amore, non una resa. Lo scopo deve essere il raggiungimento della maggior autonomia possibile del bambino e lo sviluppo del suo potenziale, da realizzare attraverso un percorso graduale e rispettoso che passa anche dalla definizione di piccoli obiettivi adattati alle sue capacità e al suo ritmo di apprendimento. Anche le semplici azioni quotidiane, guidate con un approccio progressivo, possono diventare delle conquiste incoraggianti, che promuovono l’autonomia del bambino attenuando la sua paura di sbagliare. Un metodo che può essere utilizzato in tutti gli ambienti di vita, in particolare a scuola, partendo dal presupposto che la resilienza è una maratona, non uno sprint.

Coinvolgere i compagni di classe

L’inclusione passa attraverso l’interazione con i propri pari: incoraggiare la scuola a promuovere l’interazione e la comprensione tra i bambini è quindi il modo migliore per far sì che questa manifesti. Per i compagni di classe è inoltre un’opportunità per imparare a gestire situazioni complesse (come le crisi comportamentali o gli attacchi epilettici dei coetanei) e, allo stesso tempo, sviluppare capacità di adattamento ed empatia che li renderanno adulti più ricchi dal punto di vista relazionale.

Per i compagni di classe, l’esposizione a situazioni problematiche non sembra creare disagio: al contrario, può stimolare la capacità di affrontarle e di adattarsi all’imprevisto”, spiega il Dottor Alessandro Ghezzo. “Ognuno di noi è diverso dagli altri. Ci sono studi che evidenziano come questa diversità, intrinseca dell’essere umano, è una risorsa e non un ostacolo. È stato dimostrato, per esempio, che nelle classi multiculturali gli alunni acquisiscono maggiori capacità nel mettersi nei panni degli altri e di comprendere il punto di vista altrui. Questo li renderà adulti più ricchi dal punto di vista delle capacità relazionali, anche perché cresciuti in ambienti più collaborativi e molto meno competitivi”.

Celebrare i progressi (anche i più piccoli)

Ogni successo nel percorso scolastico del bambino, anche il più piccolo, merita di essere riconosciuto e festeggiato. Ogni traguardo rappresenta un mattone con il quale può costruire, giorno dopo giorno, un edificio solido di competenze. Celebrando i progressi si alleggerisce il peso della fatica e si alimenta la motivazione del bambino e la fiducia di tutti.

Creare una rete di supporto

Avere un figlio o un alunno con disabilità è una sfida, un’esperienza che può arricchire, ma anche una condizione che può far sentire molto soli genitori e insegnanti. Per questo è importante poter fare affidamento su una rete di supporto: condividere esperienze con altre famiglie e associazioni (per i genitori) o confrontarsi con altre realtà scolastiche (per gli insegnanti) può offrire spunti di riflessione, consigli pratici e un sostegno emotivo prezioso. La comunità rende tutti più forti ed è la risorsa extra alla quale rivolgersi nei momenti di crisi.

Povertà di risorse e ricchezza di soluzioni sono due facce della stessa medaglia, anche se spesso pensiamo siano due mondi opposti. Il viaggio nell’inclusione scolastica è faticoso, ma affascinante: ho conosciuto esperienze concrete in cui sono state le grandi sfide ad aver fatto emergere le ricchezze più inaspettate, dall’ingegno umano all’empatia, consentendo un proficuo lavoro di squadra tra genitori, figli e scuola”, aggiunge il Dottor Alessandro Ghezzo. “Come dico sempre, bisogna ‘remare tutti nella stessa direzione’. Non si tratta di eliminare le difficoltà, ma di trovare soluzioni efficaci e positive, trasformando le ‘povertà’ in opportunità e rendendo le ‘ricchezze’ delle risorse fruibili da tutti su base quotidiana, per una vita più piena e inclusiva”.