
ROMA (ITALPRESS) – Nei primi sei mesi del 2025 il bilancio dell’agroalimentare italiano “è sicuramente molto positivo”, con l’export che supera i 70 miliardi, e un valore della produzione che raggiunge quasi il 15% del Pil, se si considera anche l’indotto. Lo afferma Sergio Marchi, direttore generale dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea), intervistato da Claudio Brachino per il magazine televisivo Italpress Economy.
In merito agli effetti dei dazi statunitensi sul settore, “è difficile fare previsioni. Vedremo se e quanto potranno influire – sottolinea Marchi -. Sicuramente un commercio libero ci garantisce di più, siamo un Paese produttore ed esportatore. L’Italia però ha tutte le possibilità per competere in qualunque tipo di mercato, perchè i suoi prodotti sono difficilmente sostituibili e di grandissima qualità. Rimaniamo concentrati sul mercato americano, che rimane di fondamentale importanza, ma studiamo anche mercati emergenti, dal Medio Oriente al Nord Africa all’Asia”.
A Bari, nel contesto di Agrilevante, Ismea ha presentato i risultati del Fondo Innovazione, uno strumento “di grande importanza voluto dal governo Meloni e dal ministro dell’Agricoltura, Sovranità Alimentare e Foreste Francesco Lollobrigida – spiega il direttore generale di Ismea -. Oggi sono 400 milioni disponibili per le imprese agromeccaniche che vogliono rinnovare il loro parco macchine. Significa poter acquistare trattori nuovi, ma anche accessori per risparmiare acqua, per distribuire i fertilizzanti in maniera più omogenea e con meno impatto ambientale, per ridurre gli elementi inquinanti in atmosfera. Sono finanziamenti a fondo perduto, che possono raggiungere in alcuni settori anche il 60% dell’investimento complessivo. Siamo riusciti già a soddisfare le domande di quasi tremila imprese, contiamo di arrivare a oltre quattromila”.
Una delle linee d’azione che vede impegnata Ismea è quello della gestione del rischio per le imprese agricole, anche sul fronte assicurativo. Marchi sottolinea come ci sia ancora un gap da recuperare. “Chi si assicura nel settore agricolo è una minoranza. Diciamo fra il 10 e il 12% della platea degli imprenditori agricoli, ancora è sicuramente troppo poco. Dipende da una serie di fattori – afferma il direttore generale -. Sicuramente c’è una questione di mentalità, più diffusa nel nord, particolarmente per alcune colture, come riso e mele. Passando a colture meno redditizie nel Centro-Sud si nota che la propensione ad assicurarsi è sicuramente minore, quindi c’è una questione di informazione e formazione dell’agricoltore”.
“Se gli assicurati sono pochi, le polizze costano di più e le franchigie sono più alte, quindi è meno conveniente assicurarsi – prosegue Marchi -. Quindi dare più informazione, con la possibilità di ampliare la platea, significa anche ridurre potenzialmente i costi delle assicurazioni e quindi mettere in moto un circuito virtuoso. Per questo Ismea insieme alle altre istituzioni competenti per i prossimi anni sta elaborando una serie di polizze più convenienti: costi standardizzati che garantiscono comunque coperture che consentono comunque di mettersi al riparo dai rischi più evidenti. Inoltre stiamo studiando delle possibilità premiali per chi pone in essere degli strumenti di difesa attiva. Sono tutti strumenti che possono consentire di aumentare la platea degli assicurati. I cambiamenti climatici e fenomeni come le fitopatie aumentano i rischi per l’agricoltura, quindi è importante proteggersi”.
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