“Scioperiamo contro una manovra sbagliata e pericolosa – la quarta di fila di questo Governo – che non dà risposte ai lavoratori e ai pensionati di questo Paese” ha detto stamattina in conferenza stampa il segretario della Cgil di Modena Alessandro De Nicola, insieme ai componenti della segreteria Cgil Daniela Bondi, Aurora Ferrari, Roberta Orfello, Fernando Siena, per presentare lo sciopero generale Cgil di venerdì 12 dicembre.

Lo sciopero sarà di 8 ore (per l’intero di lavoro) e riguarda sia i lavoratori e le lavoratrici del settore privato che pubblico. La manifestazione a Modena prevede il concentramento alle ore 9.30 nei pressi del Policlinico (nel tratto di via Emilia Est compreso tra l’ex hotel Real Fini e il McDonald), per sottolineare come la sanità pubblica sia una vera emergenza per il Paese e il suo maggior finanziamento una delle principali richieste del sindacato. Solo una piccola delegazione di scioperanti partirà simbolicamente con lo striscione di apertura davanti all’ingresso principale del Policlinico. Sarà cura dell’organizzazione Cgil non intralciare gli accessi all’ospedale per i pazienti e i famigliari.
Il corteo si snoderà su via Emilia Est sino largo Sant’Agostino dove si terranno (intorno alle ore 11) i comizi conclusivi, con interventi degli studenti universitari di UduMore, Modena per la Palestina, Sanitari per Gaza, lavoratori e lavoratrici, pensionati. Al termine la parola sarà del segretario generale Alessandro De Nicola. Allo sciopero hanno sinora aderito: Arci, Udi e Modena per la Palestina.

Salari, pensioni, scuola, casa, sanità, fisco e contrasto alle politiche di riarmo: queste le priorità del Paese. Lo sciopero è per contestare scelte ingiuste e sbagliate della Manovra 2026 che non interviene sulle disuguaglianze di reddito e di accesso ai servizi pubblici (in primis la sanità).

La Cgil contesta una Manovra di austerità e riarmo.

Pensioni. Non c’è nessun superamento della legge Fornero, semmai un rafforzamento, visto che si aumentano di 3 mesi i requisiti per accedere alla pensione: si dovrà lavorare 1 mese in più nel 2026 e 2 mesi in più nel 2027. Vengono cancellate tutte le flessibilità in uscita: Quota 103 e Opzione donna, due misure introdotte da altri governi, i cui requisiti di accesso erano già stati peggiorati pur rimanendo in vigore sul 2025, ma dal 2026 non ci saranno più. Con un battuta potremo parlare di Legge Meloni-Salvini-Fornero.

Fisco. Una Manovra per ricchi. La riduzione dell’aliquota dal 35% al 33% per i redditi compresi tra 28mila e 50mila euro l’anno, porta nelle tasche dei lavoratori dai 4 ai 40 euro al mese. Un po’ pochino, si poteva fare di meglio. Metà delle risorse del taglio dell’aliquota finirà per agevolare chi ha più di 50mila euro di reddito (dati Banca d’Italia). Beneficeranno di questa misura anche i lavoratori che pur avendo 50mila euro di reddito da lavoro all’anno cumulano i 200mila euro di reddito complessivo.

Fiscal Drag. Questa misura è comunque insufficiente perché il Fiscal Drag è costato ai lavoratori dipendenti da 700 euro a 2mila euro all’anno negli ultimi tre anni.

Il fiscal drag, o drenaggio fiscale, è quel meccanismo per il quale, nei sistemi a tassazione progressiva, l’aumento dell’inflazione associato all’aumento solo nominale dei salari porta come conseguenza l’effetto di far pagare più tasse senza che il lavoratore abbia effettivamente aumentato la sua ricchezza. Anzi è vittima del processo opposto: l’aumento dell’inflazione e della tassazione gli hanno fatto perdere potere d’acquisto.

E’ certamente una manovra di austerità, ma non serve a salvaguardare i conti pubblici, come qualcuno potrebbe pensare, o come potrebbe far pensare il rapporto debito/Pil inferiore al 3%. No, l’austerità serve ad altro: grazie al rapporto debito/Pil inferiore al 3% che si raggiungerà nel 2026, si vogliono avere le condizioni per indebitarsi per finanziare gli investimenti in armi (si prevedono 23 miliardi in 3 anni per il riarmo, una cifra monstre mai prevista per nessun altro settore).

Una manovra di austerità e riarmo a scapito di investimenti in sanità, welfare, servizi pubblici, istruzione e università.

La Sanità pubblica è una delle emergenze di questo paese, il Governo afferma che ha stanziato 2miliardi e 400milioni in più per il 2026, ma il gap tra finanziamento del Fondo sanitario nazionale le previsioni della spesa sanitaria effettiva è di quasi 7 miliardi di euro. Mancano all’appello circa 5 miliardi che si scaricheranno sulle regioni e come maggiori oneri sui cittadini. I 4,2 miliardi di euro stanziati nel 2025 da spendere nel 2026, più di 3miliardi, sono per i rinnovi contrattuali. Che ricordiamo sono stati firmati a 1/3 dell’inflazione: definita al 5,7% a fronte del 17%.

Questo Governo, da quando si è insediato, ha ricevuto in eredità un finanziamento della sanità pari al 6,4% del Pil e oggi consegna al Paese un finanziamento pari al 6,04% che sarà al 6,15% il prossimo anno e poi calerà al 6,04% nel 2027. I numeri dicono che siamo di fronte a un sottofinanziamento strutturale della sanità.

Oltre al Governo la Cgil si rivolge anche alle Aziende sanitarie modenesi, chiedendo un confronto a partire dal grande problema delle liste d’attesa, molto sentito da lavoratori e pensionati e da tutti i cittadini. Sulla programmazione 2026 serve tener fede al Protocollo 2024 con le parti sociali, vale a dire tenere aperte le agende delle visite per 24 mesi, conoscere il calendario delle prime visite che sono quelle decisive per impostare il percorso terapeutico e di cura, gestire direttamente gli appuntamenti delle visite dei pazienti presi in carico.

Salari e Crisi industriali. Al governo la Cgil chiede aprire un confronto, che fino ad adesso non c’è stato, per aumentare salari e pensioni, per cambiare la manovra. I lavoratori e i pensionati in questi ultimi anni hanno perso circa l’8-9% del potere d’acquisto.

La provincia modenese, a vocazione manifatturiera e all’export, vede nel 2024 tutti i settori industriali calare per ricavi e fatturato sul 2023, con un dato forte della meccanica -18%, e un aumento di + 20% della cassa integrazione (pari a 10.586.080 di ore) tra il periodo gennaio-settembre 2023 sullo stesso periodo del 2024, il 66% (circa 7,5 milioni di ore) della cassa integrazione complessiva (gli oltre 10milioni e mezzo ore) riguarda il settore metalmeccanico.

Il trend modenese è in linea con quello nazionale, 32 mesi di calo della produzione industriale hanno un impatto inevitabile anche sulla nostra provincia e su altri territori dell’Emilia Romagna (Bologna, Reggio Emilia, Ferrara non si distanziano per ore di cassa integrazione autorizzate con la quota maggiore tra 60-79% nel settore meccanico). Di fronte al calo di fatturato dell’industria, crescono i servizi (ma quelli all’industria), ma settori come le pulizia e i servizi alla persona a basso valore aggiunto e competitività, che si gioca tutta sul basso costo del lavoro. Pur a fronte di cali di fatturato e ricavi, nel campione di 115 imprese modenesi analizzate dalla Cgil, nel 2024 le imprese hanno aumentato gli utili del 19%, che è andato principalmente in remunerazione del capitale e investimenti finanziari, perché solo il 2% del fatturato è stato destinato a investimenti e patrimonializzazione delle imprese. I salari italiani dal 2020 al 2024 hanno perso l’8-9% potere acquisto.

Per questo la Cgil chiede al Governo il rilancio di investimenti, sia pubblici che privati. I soldi si possono recuperare dove ci sono: dall’evasione fiscale, da un riequilibrio della tassazione tra lavoro e capitale. E diciamo anche che serve la patrimoniale per redistribuire la ricchezza, proponiamo un contributo del 1% per i contribuenti più ricchi con i redditi superiori a 2 milioni di euro. Già in questo modo si potrebbero recuperare 26 miliardi di euro.

Casa. Altro tema emergenziale è l’abitare con gli affitti che a Modena sono cresciuti più del 30% nell’ultimo anno. In legge di Bilancio è previsto poco o nulla per contrastare il disagio abitativo. Il Governo ha azzerato il fondo per le morosità incolpevoli che sappiamo essere dovute in larga parte a calo di reddito per perdita di occupazione, cassaintegrazione, ecc…
E invece di sostenere le famiglie in difficoltà, Fratelli d’Italia presenta un Ddl vergognoso per accelerare gli sfratti, proponendolo sfratto dopo 2 mesi di canone non pagati. A Modena il 70% degli sfratti che sono per morosità incolpevole (redditi bassi, cassa integrazione), mentre il 15% per finita locazione legata frequentemente alla volontà dei proprietari di destinare gli immobili agli affitti brevi e transitori o di aumentare sensibilmente i canoni.