Il testo della lettera indirizzata alla Ministro del Welfare Elsa Fornero, da parte dei sindacati commercio-servizi-turismo Filcams/Cgil e lavori atipici Nidil/Cgil di Modena, su denuncia dei falsi contratti a chiamata.

La lettera rientra nella campagna di sensibilizzazione “Precariopoli-Modea città precaria” che le due categorie sindacali conducono da novembre 2011 sui temi del precariato giovanile e non solo.

Dopo le varie iniziative svolte in questi mesi – flash-mob, pagina Internet e Facebook, lo spettacolo teatrale “Morti di fame” – a gennaio 2012 è prevista un’iniziativa su maternità e lavoro rpecario, tema oggetto anche della presente lettera alla Ministro Fornero.

LETTERA ALLA MINISTRO FORNERO SUI FALSI CONTRATTI A CHIAMATA E IL DIRITTO ALLA MATERNITÀ

Gentile Signora Ministro,

nella provincia di Modena sono ormai 10.000 gli avviamenti al lavoro che ogni anno vengono fatti con la formula del contratto a chiamata (intermittente), abrogata da Prodi nel 2007 e reintrodotta nel 2008 dal Governo Berlusconi. Si presume che nella nostra provincia siano circa 15.000 le persone assunte con questo contratto, in grande prevalenza donne operanti in bar, alberghi, ristoranti e negozi.

Le nostre categorie denunciano da anni che la maggior parte di questi contratti nasconde lavoro irregolare, evasione contributiva e negazione dei più elementari diritti. Il lavoro è quasi sempre continuativo, a volte ben superiore alle 40 ore settimanali, ma nelle buste paga risultano solo poche ore al mese. Il resto viene pagato in nero a cifre per lo più variabili tra i 5 e gli 8 euro all’ora.

Ovviamente, non appena i lavoratori pongono problemi rispetto alla loro situazione, il lavoro diventa davvero a chiamata. O meglio della lavoratrice non c’è più bisogno, e viene lasciata a casa in attesa di una chiamata che non verrà più. Ovviamente nessun ammortizzatore sociale è applicabile, e altrettanto ovviamente l’azienda procede alla sostituzione con un altro falso contratto a chiamata.

Particolarmente riprovevole è la condizione delle lavoratrici a chiamata rispetto alla maternità. Le segnaliamo, Signora Ministro, due casi emersi in questi giorni a Modena.

Il primo riguarda una giovane donna di 22 anni che lavora da tempo in un bar gelateria dell’Area Nord. Il suo orario di lavoro andava spesso oltre le 40 ore settimanali e quasi mai le veniva concesso il giorno di riposo. Le retribuzioni erano pagate in contanti e nessun cedolino paga veniva emesso. La ragazza risulta essere quindi una lavoratrice a chiamata in attesa di chiamata, ma in realtà lavorava costantemente. Quando nei giorni scorsi ha comunicato lo stato di gravidanza il titolare le ha risposto che non potrà più andare al lavoro perché i clienti sarebbero infastiditi da una donna con il pancione. E’ ora a casa, in attesa di una chiamata che non verrà, senza alcun reddito.

Il secondo caso è quello di una lavoratrice a chiamata di 31 anni che lavora a Modena in un negozio di articoli per bambini. Negli ultimi mesi ha lavorato costantemente a tempo pieno, orario non risultante però nelle buste paga. Quando ha comunicato lo stato di gravidanza il titolare prima le ha cambiato mansione, cominciando a chiamarla solo nelle emergenze, quindi in breve tempo non l’ha più chiamata.

Le due storie sono molto simili, e sono purtroppo uguali a tante altre. Donne giovani che pur di lavorare in questo momento di crisi accettano qualsiasi lavoro. Lavorando regolarmente, come se avessero un normale contratto di lavoro subordinato, decidono di avere un figlio. Al momento della comunicazione obbligatoria del proprio stato di gravidanza scoprono improvvisamente che per l’azienda la loro opera non è più necessaria. Sono senza lavoro, ma non vengono licenziate (del resto la legge non lo permette), però non vengono più chiamate al lavoro.

Se le due giovani donne non avranno una retribuzione nei prossimi mesi perderanno anche il diritto alla maternità. L’indennità di maternità è difatti strettamente legata al percepimento di una retribuzione nei mesi anteriori al periodo di maternità e senza questa retribuzione viene meno anche l’indennità. Davvero un bel regalo di Natale, per loro. Per parte nostra abbiamo denunciato questi ed altri casi agli organi competenti, oltre che alla Consigliera di Parità della Provincia di Modena.

E’ forse questa flessibilità, Signora Ministro?

No di certo: qui stiamo parlando soltanto di abusi e discriminazioni, di evasione facilitata, del mancato rispetto di diritti costituzionali. Una emergenza, che come tale andrebbe affrontata, prevedendo l’abolizione al più presto della vergogna del Contratto a chiamata.

Ci auguriamo che il tema susciti il suo interesse e quello del Governo di cui Lei è autorevole esponente.

Felice anno nuovo.

Marzio Govoni, Segretario Filcams/Cgil Modena

Claudio Argilli, Segretario Nidil/Cgil Modena