È stata consegnata oggi al Sindaco ed al Vicesindaco la lettera di Confcommercio e Fiavet, in cui si chiede che, attraverso una interpretazione della normativa in materia di pubblicità, le inserzioni delle agenzie di viaggio apposte sulle vetrine, vengano considerate merci in vendita e dunque non assoggettabili all’imposta di pubblicità.

“Vi scriviamo – prende le mosse la lettera sottoscritta dalla grandissima parte delle agenzie viaggi presenti in città – mentre nei confronti delle agenzie di viaggi sono in atto controlli a tappeto tesi a verificare il rispetto del regolamento comunale sulla pubblicità e piovono sanzioni davvero pesanti che rischiano di mettere a repentaglio la sopravvivenza di tante piccole imprese”.

“Siamo perfettamente consapevoli – prosegue la missiva a firma di Carlo Cacciari ed Alberto Crepaldi, rispettivamente Presidente provinciale Fiavet e Segretario Confcommercio Modena – che il regolamento comunale è la traduzione in chiave locale della normativa nazionale – decreto legislativo n. 507/1993 – e che in virtù di assurde disposizioni sono assoggettati ad imposizione i pannelli di supporto delle inserzioni ed i fogli-inserzione delle agenzie di viaggio che superino, per ogni vetrina, la franchigia di mezzo quadrato (estesa a un metro quadrato a seguito dell’accordo dello scorso luglio con le Associazioni di categoria).”

“Tuttavia crediamo ci siano i margini per un interevento correttivo e tale da mettere in condizione le agenzie di viaggio di continuare ad esercitare la propria attività senza dover fare i conti con il pagamento di somme folli”.

“In sostanza – puntualizzano Carlo Cacciari e Alberto Crepaldi, rispettivamente presidente provinciale Fiavet e segretario cittadini di Confcommercio – basterebbe interpretare in modo estensivo ed intelligente la normativa vigente, modificare il regolamento comunale, così da considerare le inserzioni delle agenzie alla stessa stregua di un prodotto in vendita”.

“In tal modo – affermano Cacciari e Crepaldi – anche gli avvisi messi in vetrina, al pari ad esempio di un cappotto di Armani o di pacchi di pasta Barilla, sarebbero esentati dal pagamento dell’imposta di pubblicità”.

“Non chiediamo scorciatoie – concludono i due rappresentanti associativi – ma uno sforzo interpretativo di buon senso, che potrebbe fare scuola per tanti altri comuni italiani e che farebbe soprattutto bene ad una categoria messa a durissima prova dalla crisi dei consumi in atto”.