lavoro_2Presentato oggi in conferenza stampa il sesto Osservatorio della Cgil su Economia e Lavoro (OEL) in provincia di Modena relativamente all’anno 2012, realizzato dall’istituto di ricerca Ires Emilia-Romagna.

L’Osservatorio è un originale strumento statistico e di analisi socio-economica che offre una lettura integrata delle principali fonti statistiche e banche dati disponibili relativamente all’anno 2012 (banche dati sindacali e di Istat, Banca d’Italia, Ministero del Lavoro, Inps, Inail, Provincia di Modena, Camera di Commercio Modena e Unioncamere regionale, Regione Emilia-Romagna, Eber, Movimprese, ecc…).

La Cgil lo utilizza come strumento di lettura e interpretazione dei fenomeni economico-sociali della nostra provincia: condizione dei lavoratori, qualità del lavoro, mutamenti demografici, sostenibilità rispetto ai servizi e alla qualità del vivere.

L’Osservatorio cerca di leggere il presente portando a sistema una consistente quantità di informazioni, proponendosi di leggere ed evidenziare le principali traiettorie sulle quali si è mosso o si sta muovendo il sistema economico modenese.

Diverse le tematiche affrontate, a cominciare da quanto le dinamiche dell’economia sono autonome o condizionate dagli eventi del terremoto. L’economia modenese è da diversi anni in fase di trasformazione per l’impatto della crisi e per la competizione globale: a che punto è la trasformazione dell’economia e quali performance sta conseguendo? Il lavoro e l’occupazione, in tutto questo processo, che andamento hanno e che caratteristiche stanno assumendo?

L’economia modenese ha avuto nel 2012 un andamento incerto con settori di punta (autoveicoli, alimentare) e settori in difficoltà (commercio e tessile-abbigliamento).

In modo prudenziale si può stimare che il sisma abbia portato alla distruzione definitiva di circa 950 posti di lavoro nelle aree più colpite e complessivamente sono 1.922 i posti di lavoro persi sull’interno territorio provinciale solo a fine 2012.

Nel 2012 e nei primi tre mesi del 2013 l’economia è ancora in sofferenza per un ridotto dinamismo della capacità di esportazione, che cresce solo del 3,3% rispetto al 2011, della difficoltà dei settori industriale e del commercio che sono l’effetto di fenomeni pregressi e connessi alla crisi e trasformazione dell’economia provinciale.

Al netto degli effetti del sisma, il mercato del lavoro si dimostra sempre più precario poiché si riducono i posti di lavoro disponibili e aumentano le persone che li occupano e gli avviamenti al lavoro avvengono in modo massiccio con contratti a tempo determinato (ormai più del 45% dei nuovi contratti del 2012) e con contratti in somministrazione (in forte crescita negli ultimi due anni) a scapito dei contratti di apprendistato (-12% nel solo 2012) e dei contratti a tempo indeterminato, che dovrebbero essere la forma principale di avviamento e che invece occupano una posizione marginale, pari al 13% dei nuovi contratti del 2012.

In allegato, l’abstract dell’OEL con l’analisi più dettagliata delle questioni esaminate che hanno ispirato l’indagine.

 

OSSERVATORIO SULL’ECONOMIA E IL LAVORO IN PROVINCIA DI MODENA

Ires Emilia-Romagna Cgil

a cura di Marco Sassatelli e Carlo Fontani

 

L’economia modenese fra crisi e sisma

L’economia modenese nel 2012 ha subito un forte contraccolpo per effetto del sisma che ha colpito il territorio nel mese di maggio. Secondo i dati del tavolo provinciale di monitoraggio aggiornati al mese di ottobre 2012, le unità produttive coinvolte dal sisma e che hanno potuto aprire procedure semplificate per l’accesso ad ammortizzatori sociali con causale “Evento Sismico” per i propri addetti sull’intero territorio provinciale sono state 2.414 (pari al 3,5% delle imprese allora attive in provincia) con 25.874 lavoratori coinvolti (pari al 10,9% degli addetti totali): si tratta di una media di circa 11 addetti per azienda.

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I comuni sono quelli definiti dall’area del c.d. “cratere”: Bastiglia, Bomporto, Campogalliano, Camposanto, Carpi, Castelfranco Emilia, Cavezzo, Concordia sulla Secchia, Finale Emilia, Medolla, Mirandola, Nonantola, Novi di Modena, Ravarino, San Felice sul Panaro, San Possidonio, San Prospero, Soliera.

 

L’incidenza del sisma sul sistema produttivo territoriale specifico è stata però molto diversa: a Medolla il sisma ha colpito il 20% del sistema produttivo locale, mentre a Carpi ha interessato poco più del 6% delle attività produttive. In termini di lavoratori coinvolti dagli effetti occupazionali del sisma si parla di incidenze molto più marcate: a Medolla il 69% dei lavoratori locali è stato coinvolto, il 60% a Cavezzo, il 55% a Mirandola, circa la metà dei lavoratori di San Felice, Concordia, Camposanto, Finale e San Prospero, circa un quarto di quelli di Novi. In chiave settoriale il sisma ha colpito più del 10% delle imprese del settore manifatturiero provinciale, il 4,6% di quelle del settore del commercio, il 2% di quelle dei servizi e l’1% delle imprese delle costruzioni, mentre ha interessato oltre il 20% dei lavoratori manifatturieri, l’8,6% dei lavoratori del commercio, il 5,8% dei lavoratori dei servizi, oltre il 4% dei lavoratori edili e anche il 2,4% dei lavoratori agricoli.

A fine 2012 si poteva conteggiare la cancellazione definitiva nelle aree più colpite di almeno 940 posti di lavoro.

Tendenze e prospettive dell’economia modenese

Le valutazioni svolte negli anni scorsi sull’evoluzione dell’economia modenese e in particolare sulle speranze e attese per una ripresa dell’economia dopo il lungo periodo di crisi e stagnazione non hanno trovato uno sbocco positivo nel corso del 2012 e sono ulteriormente peggiorate nei primi mesi del 2013.

I dati congiunturali ci mostrano un andamento ancora altalenante in tutti i settori. Al netto degli effetti del terremoto, la situazione nell’industria aveva mostrato un accenno di ripresa nel terzo trimestre del 2012 per poi ricadere a fine anno a livelli simili a quelli del 2009. A consuntivo il bilancio dell’intero anno 2012 per l’industria manifatturiera modenese si è chiuso in negativo. La produzione ha registrato volumi in calo del -5,6%, mentre il fatturato è diminuito del -3,3%. La quota di fatturato realizzata sui mercati internazionali è aumentata di 6 punti percentuali raggiungendo il 37,9%. Gli ordini interni hanno evidenziato una battuta d’arresto segnando un -6,9%, mentre quelli esteri hanno mantenuto un trend espansivo (+3,5%) anche se meno brillante rispetto ai due anni precedenti.

Il settore delle costruzioni era ancora in difficoltà per tutto l’anno 2012, anche se le attività sembrano aver rallentato nel terzo e quarto trimestre la ormai cronica tendenza alla contrazione per effetto della ripresa di attività determinata dalla necessità di porre rimedio agli esiti disastrosi del sisma. Le fasi di rimozione delle macerie, di abbattimento e messa in sicurezza degli edifici danneggiati e le ancora limitate operazioni di ricostruzione hanno consentito una ripresa di vitalità del settore che potrebbe avere in prospettiva l’opportunità di una crescita della produzione in quanto legato alla domanda interna e alla domanda pubblica legata alla ricostruzione di cui ci si attende a breve termine una ripresa.

Il settore con i maggiori problemi permane il commercio le cui dinamiche sono quelle tipiche di una seconda recessione. Il risultato del settore commerciale è determinato dal fatto che la domanda interna modenese è stata ulteriormente penalizzata dagli effetti non solo economici, ma anche socio-psicologici del sisma. Infatti, oltre agli effetti di riduzione anche temporanea della popolazione dovuta al sisma, oltre alla distruzione dei centri storici che hanno reso indisponibili gli ambiti deputati al consumo e alla socialità dei centri abitati delle zone colpite, si innesta anche il fatto che in una situazione di incertezza la propensione al consumo viene depressa da un atteggiamento prudenziale dei consumatori locali che tendono a preferire il risparmio cautelativo piuttosto che il consumo tradizionale. La crisi del commercio si sarebbe certamente espressa nel corso del 2012, ma presumibilmente non avrebbe riportato il settore al livello più basso dell’intero decennio.

Complessivamente il sistema economico provinciale, al netto degli effetti del terremoto, è inserito in una difficoltà di più lungo termine da cui si fatica ad uscire.

Le ragioni di questo andamento debole e incerto dell’economia si possono trovare nella debolezza di due componenti fondamentali della domanda: i consumi interni e gli investimenti. Dal quadro complessivo emerge ancora una volta l’importanza dell’internazionalizzazione per il sistema produttivo modenese, che deve ricercare nella domanda mondiale le opportunità per risollevarsi.

I dati relativi alle esportazioni mostrano un incremento complessivo di lieve entità, tanto che nel complesso il tasso di crescita delle esportazioni che nel 2010 aveva raggiunto il valore di crescita pari al 14,1% si è riportato ad un livello di crescita del 3,3%.

I risultati 2012 sono da ricondursi prevalentemente alla crescita dei settori degli autoveicoli e mezzi di trasporto, che incidono per oltre un quinto sull’intera capacità di esportazione dell’economia provinciale e che sono cresciute nel corso del 2012 del 16%, e a quella del settore alimentare, la cui incidenza è di poco inferiore al 10%, ma la cui performance di crescita è stata del 6,6%. Piastrelle e meccanica hanno tenuto le loro posizioni anche se le performance sono inferiori al tasso di crescita complessivo di circa il 2%. I settori in più forte difficoltà sono quelli del sistema moda, le cui performance sui mercati internazionali sono negative (-2,1% l’abbigliamento e -7,7% il tessile), e quelli del settore chimico-farmaceutico e materie plastiche le cui performance sono rispettivamente di -5,4%, -14% e -6,5%.

La precarietà delle imprese

L’andamento del numero delle imprese attive evidenzia una contrazione più coerente con le indicazioni provenienti dalla percezione congiunturale, che dalla dinamica delle esportazioni. Infatti il numero delle imprese attive (67.778 a fine 2012) consolida una contrazione di -0,7%, inferiore alla media regionale (-1,1%) e con un andamento che penalizza sostanzialmente più le imprese artigiane che le società di capitali. Le imprese artigiane continuano a diminuire sul territorio seguendo un trend iniziato nel 2008 e che nel 2012 ha visto la contrazione di un ulteriore -1,5% di imprese. Viceversa, le imprese non artigiane diminuiscono dello -0,3%.

Le imprese femminili sono in crescita, molto per effetto dell’incremento delle imprese senza capitale quindi tipiche forme di auto-impiego. Tuttavia si registra un progressivo incremento delle donne in funzioni di titolarità e management in imprese del territorio: sono oltre 48.350 le donne che ricoprono posizioni decisionali in imprese di capitali, il dato più alto dal 2003.

Rispetto al 2011 si evidenzia un deciso aumento della mortalità: le cessazioni (4.671 in valore assoluto) hanno registrato un incremento del +10,8%; in contemporanea è emersa una flessione della vitalità imprenditoriale testimoniata dal calo pari al -4,4% delle iscrizioni di nuove imprese (4.697 in valore assoluto).

Ciò che appare preoccupante di queste dinamiche è l’estrema fragilità del sistema produttivo provinciale. Solo il 64,3% delle imprese iscritte nel 2009 è risultato ancora attivo nel 2012 e solo il 79% circa delle imprese iscritte nel 2011 era ancora attivo l’anno successivo. In sostanza, una impresa su cinque nuove nate chiude nel breve giro di un anno. Dopo tre anni ne sono sopravvissute poco più della metà. La vitalità imprenditoriale non manca, ma le imprese che aprono vanno supportate nella strutturazione della propria organizzazione e successivamente aiutate a resistere su un mercato sempre più difficile e agguerrito.

Anche per le imprese solidamente presenti sul mercato la situazione appare molto difficile: a fine 2012 le imprese in crisi conclamata sono 4.100, ovvero il 5,4%. Tre quarti di queste sono in “scioglimento o liquidazione”: si tratta di 2.990 aziende +8,4% in un anno. Le restanti sono sottoposte a procedure concorsuali, e rappresentano un insieme di 1.110 imprese che nel 2012 è aumentato del +4% rispetto al 2011.

Gli scioglimenti di imprese e le liquidazioni volontarie aperti da gennaio a dicembre 2012 sono stati 1.357, contro i 1.186 dell’anno precedente: l’aumento è stato piuttosto consistente, +14,4%.

Nel complesso i dati sull’andamento della numerosità delle imprese in provincia di Modena mostrano che la fragilità del sistema produttivo modenese inizia a farsi notare e gli effetti del sisma non possono che farla crescere. Infatti, non è tanto la dimensione del saldo delle imprese attive a essere rilevante, quanto piuttosto l’evidenza che esso è il risultato di una grande volatilità di imprese che nascono e muoiono in poco tempo, imprese consolidate che sono avviate a procedure di dismissione o liquidazione volontaria, di nuove imprese la cui speranza di vita è di poco superiore al 50%.

Contraddizioni e sofferenze sul mercato del lavoro

A conferma della difficoltà economica complessiva le dinamiche della cassa integrazione ci riportano a una situazione più complicata dove nel 2012 i lavoratori equivalenti interessati da cassa integrazione sono stati 10.176, nei primi quattro mesi del 2013 tale dato sembra essersi attestato sul valore di 8.862, inferiore a quello dell’anno scorso ma superiore del 15,7% rispetto al 2010. Certamente le dinamiche del terremoto hanno inciso su questa situazione, tuttavia bisogna considerare che i settori maggiormente interessati sono il metalmeccanico e il ceramico le cui performance sono state solo parzialmente interessate dal terremoto e comunque sono i settori in cui le imprese hanno i risultati migliori sui mercati internazionali.

La qualità di questo indicatore racconta che solo fra luglio e settembre 2012 è stato massiccio il ricorso alla cassa integrazione ordinaria, per fronteggiare l’incertezza del periodo, mentre a partire da novembre 2012 si è registrata la massiccia crescita degli strumenti di tipo straordinario, legati alla necessità di fronteggiare riorganizzazioni, ristrutturazioni e cessazioni di attività. Ad aprile 2013 i lavoratori equivalenti in cassa integrazione ordinaria sono circa 3.500, mentre sono più di 8.000 i lavoratori equivalenti interessati direttamente da strumenti integrativi straordinari.

In questo quadro congiunturale e strutturale i dati ISTAT sull’occupazione, al lordo degli effetti del sisma, appaiono sorprendenti poiché mostrano che gli occupati nel 2012 si sono attestati su un valore di 323.189, in forte crescita rispetto ai 314.850 del 2011.

L’aumento di occupati associato a una riduzione dei posti di lavoro indica inequivocabilmente che l’occupazione è molto più precaria. Infatti, gli occupati e i posti di lavoro sono concetti simili ma non sovrapponibili poiché secondo le statistiche si risulta occupati anche se si lavora per poco tempo nella settimana di rilevazione, e quindi il rischio che si considerino occupati anche lavoratori saltuari è purtroppo molto concreto.

Pertanto il dato settoriale, che evidenzia come gli occupati crescano prevalentemente nei settori dei servizi (+6%) e nel settore dell’edilizia (+16%), mentre nell’industria (-5,5%) e nel settore commerciale (-2,4%) siano in decisa contrazione, non fa altro che confermare come le modalità di impiego stiano progressivamente muovendosi verso una sempre minore stabilizzazione contrattuale, nonostante la riforma del mercato del lavoro avesse promesso non solo maggiore occupazione, ma anche maggiore qualità occupazionale.

Le modalità di avviamento mostrano chiaramente come la flessione del -12,1% dei contratti di apprendistato, che si attestano sul 3,8% del totale degli avviamenti del 2012, sia compensata da una significativa ripresa di interesse per i contratti di somministrazione, che incidono per il 12,4% sul totale degli avviamenti del 2012. La modalità di gran lunga prevalente è quella dei contratti a tempo determinato, che rappresentano il 45% del totale, mentre i contratti a tempo indeterminato, che dovrebbero essere la norma, rappresentano sempre più un’eccezione visto che non superano il limite del 14% degli avviamenti del 2012.

Anche in termini di qualificazione degli occupati si rilevano alcune importanti novità: fra 2010 e 2012 si registra una impennata di professioni intellettuali tecniche e ad alta specializzazione (da 7,8% a 14,5%) a scapito di Legislatori, Dirigenti e imprenditori (da 3,7% a 1,7%); aumento di professioni non qualificate (da 7,7% a 10,9%) contro una riduzione di operai semiqualificati (da 13,6% a 6,7%); tengono i tecnici e gli impiegati e tracollano gli artigiani (da 19,5% a 13,3%).

Al di là delle dinamiche specifiche del terremoto il mercato del lavoro cambia inesorabilmente e la delocalizzazione dei centri decisionali aziendali si fa sempre più forte: cresce la competenza tecnica, ma si riduce la capacità direzionale, inoltre il mercato del lavoro punta a professioni tecniche e qualificate più che in passato, evidenziando la necessità di avviare percorsi di innovazione e la necessità di capitale umano competente, tuttavia le condizioni di avviamento rimangono centrate su modelli di flessibilità e precarietà non congrue con la stabilizzazione delle professionalità che emerge dalle richieste di qualificazione.