Difesa delle produzioni agricole e tutela delle specie di particolare interesse naturalistico. Sono questi gli obiettivi strategici individuati dal Piano faunistico venatorio della Provincia di Modena discusso dal Consiglio provinciale nella seduta di mercoledì 6 febbraio. Questi obiettivi saranno raggiunti attraverso il controllo e la selezione delle specie causa dei maggiori danni per le colture, a partire dai cinghiali, accompagnate dalle attività di monitoraggio e prevenzione.
«Con questo Piano – sottolinea Alberto Caldana, assessore provinciale all’Ambiente – garantiamo per i prossimi anni l’equilibrio tra le esigenze agricole, quelle venatorie e la tutela delle biodiversità a rischio estinzione. Il territorio modenese presente una ricca varietà di habitat, dalle zone umide delle Valli mirandolesi al crinale appenninico, dove vivono diverse specie, anche di pregio, che devono essere salvaguardate. Ma la semplice tutela non basta. In questo Piano – continua Caldana – indichiamo anche tutta una serie di interventi di ricostruzione degli habitat naturali minacciati dagli insediamenti».
Per salvaguardare maggiormente l’agricoltura sono previsti piani di controllo numerico e mitigazioni dell’impatto per alcune specie come gazze, cornacchie, storni e nutrie. Tra le novità anche l’apertura di un ufficio danni per la raccolta dei dati su tutto il territorio provinciale.
Il Piano indica la necessità di salvaguardare maggiormente alcune specie di uccelli a rischio estinzione come la starna per la quale si prevede la sospensione della caccia. Anche per il fagiano e la lepre sono previste più razionali attività di gestione.
Sempre a tutela dell’avifauna si incentiva il miglioramento della qualità ambientale degli habitat al fine di tutelare alcune specie in calo.
Sarà avviato anche un monitoraggio di altre specie protette di particolare pregio come il falco pellegrino, l’aquila reale.
Per il lupo prosegue la raccolta dati, accompagnata da una campagna di informazione. Per il cervo la Provincia prevede l’avvio di una campagna di monitoraggio, mentre per il capriolo vengono stabiliti limiti massimi alla proliferazione.
Contro i danni dei cinghiali
Obiettivo densità zero per il cinghiale nei territori di pianura e collina, mentre in montagna la presenza sarà tollerata ma con forti limitazioni, introducendo il principio della responsabilità dei cacciatori nel rimborso dei danni agli agricoltori se questi superano la soglia di 50 euro per chilometro quadrato.
Alle squadra di braccata o gruppi di girata (le tecniche con le quali avviene la caccia al cinghiale) saranno assegnate una o più zone, sulla base del criterio della zona fissa, nelle quali saranno responsabili del controllo sulla proliferazione dei cinghiali.
Ma non solo. Come sottolinea Alberto Caldana, assessore provinciale all’Ambiente, «i cacciatori effettueranno attività di miglioramento ambientale, interventi di prevenzione dei danni e i piani di controllo. Prevediamo anche di avviare una banca dati informatica per la gestione di tutta l’attività relativa al controllo del cinghiale. La proliferazione di questi animale, soprattutto in alcune aree pedecollinare impone un intervento deciso che ha come obiettivo la presenza zero in diverse aree».
Per gli altri ungulati la Provincia prevede l’avvio di una campagna di monitoraggio del cervo, mentre per il capriolo vengono stabiliti limiti massimi alla proliferazione.
I danni all’agricoltura provocati dalla fauna selvatica nel 2006 ammontano a circa 200 mila euro. Nel periodo dal 2000 al 2006, inoltre, la Provincia ha erogato complessivamente 415 mila euro per la prevenzione dei danni causati dalla fauna selvatica alle colture agricole (protezioni elettriche o recinzioni).
Sui danni agricoli emerge che in questi ultimi anni il cinghiale è responsabile del 22 per cento dei danni, seguito da corvidi e storni.
Nell’area nord le specie che fanno registrare più richieste di danni sono gli storni, per i frutteti, le nutrie che, oltre a scavare pericolosamente negli argini dei fiumi, danneggiano melonaie, frumento, mais e barbabietole; in collina i danni sono dovuti in parte dai caprioli che danneggiano i frutteti soprattutto a Savignano, Castelvetro e Fiorano, poi vengono i daini e i corvidi, ma anche fagiani e piccioni; in montagna il nemico principale degli agricoltori (con oltre il 90 per centro dei danni) è il cinghiale (soprattutto nella zona tra Zocca e Montese), seguito dagli altri ungulati come i caprioli e i daini.
La biodiversità nel modenese
Quasi 300 specie animali, 237 uccelli e 61 mammiferi, sparsi in oltre 240 mila ettari di superficie agro-silvo-pastorale. Sono i numeri delle più significative biodiversità presenti nel territorio modenese in base alla fotografia fornita nel Piano faunistico provinciale.
Tra le specie animali spiccano quelle dichiarate di interesse comunitario dalla normativa europea e per le quali è prevista una qualche forma di tutela, tra cui il lupo, l’istrice, la cicogna bianca, il gufo di palude, l’aquila reale, il falco pellegrino e la moretta tabaccata.
Una sezione è dedicata all’avifauna migratoria e alle specie tipiche delle zone umide di cui è particolarmente ricco il territorio modenese: 11 siti di censimento tra cui spiccano le Valli di Mortizzuolo e S.Martino in Spino, note ai ricercatori anche a livello nazionale, che ospitano circa la metà della fauna migratoria del modenese, tra cui la gallinella d’acqua, il frullino, il beccaccino, il piro piro e la casarca.
Si parla anche di aquila reale, la cui presenza continuerà ad essere monitorata, del falco pellegrino (sei-otto coppie rilevate a Sassoguidano di Pavullo e a Roccamalatina), infine il lupo sul quale la Provincia ha effettuato da diversi anni una ricerca che ha permesso di individuare la presenza stabile di tre nuclei familiari.
La superficie agro-silvo-pastorale – che rappresenta circa il 90 per cento della superficie complessiva del territori provinciale – è in costante calo alla media di quasi mille ettari all’anno (era 249 mila ettari nel 2000) a causa della progressiva occupazione del territorio da parte di insediamenti civili e industriali, soprattutto in pianura e in parte della collina.
Circa metà della superficie agro-silvo-pastorale è caratterizzata da seminativi, poi vengono i boschi (23 per cento), frutteti e vigneti (8 per cento), poi una lunga serie di tipologie sotto l’uno per cento come fiumi, brughiere d’alta quota, risaie, calanchi, aree estrattive, castagneti e bacini naturali.