Sabato scorso, 9 agosto, è stato inaugurato il lavoro di restauro del  vecchio pozzo di Cà di Luchino eseguito dalle maestranze comunali, nell’omonima borgata di San Benedetto Val di Sambro. Noto e conosciuto da tutta la comunità e situato a pochi metri dal centro, un tempo era utilizzato anche come lavatoio, alimentato da una vicina sorgente oggi ancora attiva e per questo utilizzata da molti cittadini e turisti di passaggio.

La riqualificazione del pozzo è stata voluta dall’Amministrazione comunale di San Benedetto che, durante l’inaugurazione, ha ricordato che nel territorio dell’alto Appennino, fino alla metà degli anni ‘50 del secolo scorso, pochissime erano le comunità ed abitazioni servite dall’acquedotto. Ad esempio, a San Benedetto, solo il 26% della popolazione era connessa all’acquedotto e non certo con acqua sufficiente per tutti gli usi. Tali costruzioni erano quindi elementi fondamentali per la vita quotidiana della comunità rurale: solitamente nel punto in cui era captata l’acqua si trovava un ugello perché le persone potessero dissetarsi; l’acqua si accumulava nella vasca sottostante che spesso fungeva da abbeveratoio per buoi, asini e cavalli, mentre a fianco si trovava il lavatoio per i panni, proprio come in questo caso. Spesso questi luoghi erano occasione di socialità e di convivialità, soprattutto per le donne di un tempo cui toccava il compito di attingere acqua per gli usi domestici e fare il bucato.

Per Alessandro Santoni, Sindaco di San Benedetto Val di Sambro: “Anche il recupero di queste peculiarità assai diffuse nel nostro territorio ha caratterizzato in questi anni la nostra azione amministrativa: il restauro di questo pozzo non è infatti né il primo e neppure l’ultimo di questi interventi che molto spesso facciamo proprio assieme alle comunità locali. Il perché è molto semplice: il loro recupero rappresenta ancora una volta il segno della volontà di mantenere viva la memoria delle nostre origini e delle nostre tradizioni, qualificando i nostri borghi. Il suo restauro è il risultato di un lavoro di squadra, di passione e di rispetto per la nostra storia, e testimonia il nostro impegno nel tutelare il patrimonio culturale che ci rende unici. Per questo mi congratulo con le maestranze del Comune e ringrazio di cuore la famiglia Consolini ed il Consorzio per la fondamentale collaborazione, le Associazioni che hanno partecipato, la cittadinanza ed in particolare Andrea Quarenghi per avere donato il suo tempo nel progetto di restauro e nella conseguente direzione dei lavori. Questo pozzo non è solo un elemento architettonico, ma rappresenta un pezzo di passato che abbiamo deciso di preservare e valorizzare, affinché le future generazioni possano conoscere e apprezzare le radici profonde del nostro territorio. Con questa inaugurazione, vogliamo rafforzare il senso di appartenenza e di comunità, ricordando che il nostro patrimonio è un tesoro da custodire e tramandare”.

Le risorse necessarie per l’acquisto del materiale sono state messe a disposizione dal Consorzio di Bonifica Renana, mentre la famiglia Consolini – proprietaria delle aree intorno al pozzo e dove è ubicata la sorgente – ha concesso al Comune di poter eseguire gli interventi, in ricordo dei propri familiari.

Per Paolo Pini, Direttore Generale del Consorzio di Bonifica Renana: “Il restauro e il recupero di luoghi come questi non rappresenta certo il nostro core business poiché come Consorzio realizziamo in collina e montagna circa 50/60 interventi l’anno e parliamo soprattutto di sistemazioni idrogeologiche di viabilità e riprese spondali, sempre in convenzione e sinergia con le Unioni e i Comuni. Ma anche interventi così piccoli sono importanti, poiché importante è la presenza sul territorio delle comunità. È un esempio di attenzione per la valorizzazione dell’Appennino e di chi ci abita, dagli agricoltori ai cittadini, ma anche di chi può apprezzarlo in termini di turismo”.