Domenica 19 ottobre alle ore 9.30 presso piazzale della Rosa, nell’ambito della manifestazione “Acqua bene comune dell’umanità” – Il senso del limite e le alternative percorribili per lo sviluppo equo e sostenibile della cittadinanza globale a cura de
La Bottega d’Oltremare di Sassuolo è stato presentato il libro “Qualcuno vuol darcela a bere. Acqua minerale, uno scandalo sommerso” di Giuseppe Altamore (Fratelli Frilli Editori).
Intervista all’autore.

Il libro: È una lunga storia quella delle acque minerali
italiane raccontata nel libro dal titolo: Qualcuno vuol darcela a bere,
una inchiesta che racconta come una potentissima lobby ha potuto
condizionare le scelte politiche di vari governi fino ad ottenere una
legislazione troppo attenta alle esigenze commerciali dei produttori di
acque minerali e poco rispettosa della salute dei consumatori.
Con un paradosso incredibile: spulciando la legge si scopre che
l’acqua di rubinetto può essere più sicura della minerale. Esistono
infatti controlli e limiti più severi relativi alla presenza di
sostanze tossiche nell’acqua potabile.

L’arsenico per esempio, non
può superare la concentrazione di 10 microgrammi per litro. Chi beve
acqua minerale invece può ritrovarsi nel bicchiere una dose fino a 50
microgrammi per litro. Il libro spiega quali interessi hanno spinto l’industria dell’acqua minerale a usare ogni mezzo per condizionare le scelte del Parlamento, fino a bloccare almeno due tentativi di riforma della normativa che regola il settore. Si racconta come un perito chimico italiano sia riuscito a far avviare una procedura d’infrazione dell’Unione europea nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto delle direttive europee in materia di tutela della salute dei consumatori e come ancora una volta l’abbiano spuntata le multinazionali dell’acqua, che sono riuscite ad aggirare le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità e perfino le severe norme del Codex alimentarius che regolano il commercio internazionale.
Ma che cosa hanno da nascondere i produttori di acqua minerale? Intanto, l’Italia sarà obbligata a recepire una nuova Direttiva europea che entrerà in vigore dal prossimo anno. Per le multinazionali non sarà facile adeguarsi alle norme sanitarie più severe e per i consumatori, finalmente, ci saranno più garanzie.

L’autore: Giuseppe Altamore (1956), laureato in sociologia, giornalista, vive e lavora a Milano. Come vicecaporedattore di “Famiglia Cristiana” si occupa prevalentemente di economia, di consumi e di sicurezza alimentare con diverse inchieste dedicate all’affaire delle acque minerali. È autore di tre libri: Europa, istruzioni per l’uso (Oscar Mondadori, 1992); Tutte le parole dell’economia (Oscar Mondadori, 1994); Personal budget (Sole24 Ore, 2001).

L’intervista:

Nel suo libro sostiene che l’acqua minerale può essere meno sicura dell’acqua di rubinetto. Da che cosa nasce questa sua idea?
Non c’è alcun mistero. Esistono due normative, una per ogni tipo di acqua. Il problema è che esistono due pesi e due misure: parametri più restrittivi per l’acqua di rubinetto e parametri più generosi per la minerale. Incominciamo dal numero dei parametri presi in esame: sono 200 per gli acquedotti e soltanto 48 per l’acqua minerale.
Possiamo avere un limite per i sali nell’acqua di rubinetto e nessun limite per l’acqua minerale. La concentrazione massima di arsenico nella minerale può essere di 50 microgrammi/litro (ma fino al 2001 poteva arrivare a 200!), mentre se si beve dal rubinetto il limite è di 10 microgrammi/litro, così come raccomandato dall’Oms sin dal 1993.

Come mai esistono queste differenze?
Le differenze ci sono perché l’acqua minerale è passata dalle farmacie agli scaffali dei supermercati e ha molto spesso sostituito l’acqua potabile senza che ci fosse un aggiornamento della normativa che tenesse conto del massiccio e anche eccessivo consumo di acqua minerale. Ricordo che siamo i primi “bevitori” al mondo con 172 litri pro capite in un anno e una spesa media per famiglia di 260 euro. Ma l’acqua minerale non si può bere constantemente e in sostituzione dell’acqua di rubinetto.

Perché?

Per la ragione molto semplice: l’acqua minerale non è acqua “potabile”, ma è un acqua terapeutica con indicazioni e controindicazioni che, però, non ci sono sull’etichetta. In questo periodo molte pubblicità sottolineano che la tale marca “è povera di sodio”, ma se al contrario la concentrazione di questo sale è alta, non c’è l’obbligo di indicare che non è adatta per chi soffre di malattie cardiovascolari. Per non parlare dei nitrati.

Anche l’acqua minerale può avere i nitrati?

Sì, a volte in quantità superiore a quanto ne possiamo trovare se beviamo dal rubinetto. Ma non è questo il punto. La legge dice che se un’acqua contiene fino a 10 milligrammi/litro di nitrati il produttore può scrivere in etichetta che è “particolarmente adatta per la prima infanzia”. Ma se quel limite viene superato non è previsto l’obbligo di indicare che può far male o è nociva perché può causare la blue baby.

Allora le etichette non dicono tutto?

Le etichette non sono limpide. Ci sono poche informazioni, per esempio manca del tutto l’elenco di 19 sostanze tossiche che devono essere tenute sottocontrollo. Chi acquista un’acqua minerale non è in grado di valutare se può bere quel tipo di acqua in relazione al suo stato di salute.

Perché nessuno interviene?

Non è facile intervenire in questo. Il settore è fortissimo: nel 2002 ha fatturato 5.500 miliardi di vecchie lire. La lobby dei produttori ha sempre cercato di evitare che fosse applicata una normativa che li penalizzasse. Almeno fino al 2001.

E che cosa è successo nel 2001?

A seguito dell’apertura di una procedura d’infrazione comunitaria, l’Italia ha dovuto giocoforza modificare la normativa e ha introdotto dei parametri più severi per alcuni inquinanti, che ha messo nei guai i produttori.

Le inchieste della magistratura si riferiscono a questi parametri ignorati?

Sì, in particolare a sei parametri relativi a sostanze chimiche organiche (idrocarburi, fenoli e altro) che non possono più esserci neppure in traccia nell’acqua imbottigliata. In questo momento ci sono 15 procure della repubblica che indagano e il ministero della Salute ha rilevato che ci sono 211 marche fuorilegge. I produttori hanno 60 giorni di tempo per mettersi in regola.
Intanto è in arrivo una nuova direttiva europea.
L’Italia deve applicare la direttiva 40 del 2003 a partire dal 1° gennaio 2004. L’etichetta diventa un po’ più trasparente e le sostanze indesiderabili o tossiche avranno limiti più severi e più vicini a quelli applicati per l’acqua di rubinetto. Ma la direttiva fa qualche regalo ai produttori che per il nichel e il boro avranno tempo di adeguarsi fino al 2008.

Insomma, meglio bere dal rubinetto?


Direi di sì. Ma anche sul fronte degli acquedotti c’è molto da fare. Grazie a una normativa più severa, che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2004, potremo pretendere di avere acqua di ottima qualità e senza odore di cloro al rubinetto di casa