Per gli italiani il Natale non
significa soltanto panettone e pandoro. Una parte consistente
della popolazione infatti, non nasconde di preferire i dolci
tipici locali. Una tendenza sempre più evidente che si è
tradotta nell’anno in corso, rispetto al 2002, in un incremento
del 10% dei consumi. Questo il dato emerso da uno studio
promosso dalla Confartigianato e realizzato su un campione di
700 imprese sulle oltre 20 mila pasticcerie artigianali attive
nel nostro Paese.

In ogni caso, avverte la Confartigianato, è inutile cercare
i dolci tipici nei supermercati: la loro distribuzione è
infatti limitata alle sole pasticcerie che li producono e non
supera i confini del mercato locale (la produzione dello scorso
anno ha raggiunto complessivamente i 150 mila quintali).
Per la produzione dei prodotti tipici artigianali, viene
sottolineato, non è previsto l’uso di conservanti o di sorbato
di potassio. Unica eccezione alla regola l’aggiunta, a richiesta
del cliente, di miele, vaniglia o cioccolato. Anche per il
torrone artigianale la distribuzione è limitata alle sole
pasticcerie che si dilettano a produrli e le confezioni sono
personalizzabili così come la scelta della quantità. Gli
ingredienti anche in questo caso sono rigorosamente naturali:
miele, zucchero, chiara d’uovo, acqua, aromi naturali, eventuale
aggiunta di frutta secca, cioccolato, cialda. Il costo si aggira
intorno ai 10/13 euro al kg.

Tra i prodotti tipici che vantano più di altri origini
antiche figurano, ricorda la Confartigianato, dolci come il
Panpepato, la Ciambella del Ferrarese (nata intorno al 1450/1460
alla corte degli Estensi), o anche il Panon e il Raviol,
prodotti bolognesi risalenti all’inizio del secolo, la Sapongata
di Reggio Emilia (nata nel 1400 a Brescello), la Spongarda di
Crema anch’essa di origine quattrocentesca), che ha avuto una
grossa diffusione in Emilia, Lombardia e Liguria. O anche –
viene ricordato – i Crustoli, dolci tipici di Taranto citati
già da Orazio ed il Pastissus sardo, tipico della zona di
Cagliari.