Mentre per il plico esplosivo inviato al sindaco di Bologna Sergio Cofferati i magistrati del pool antiterrorismo della Procura del capoluogo emiliano hanno iscritto l’inchiesta per il reato di attentato con finalita’ di eversione dell’ordine democratico, per l’ordigno di Parma stanno valutando anche l’ipotesi di strage. Entrambi gli attentati sono stati rivendicati dalla ”Cooperativa artigiana fuochi e affini-Fai”, Federazione anarchica informale.


I Pm bolognesi, competenti a indagare su tutti i reati di terrorismo commessi in Emilia-Romagna, aspettano di sapere dagli esperti se la bomba, confezionata con dinamite e dotata di timer, collocata nel parco Ducale, fosse in grado di esplodere o fosse solo li’ per scopo dimostrativo. Gli inquirenti partono dalla considerazione (la strage e’ reato di pericolo e si puo’ contestare se la condotta era idonea ad uccidere anche se questo non accade) che il potenziale esplosivo dell’ordigno di Parma era ”elevatissimo”. E che era stato collocato in un luogo accessibile al pubblico. In caso di scoppio avrebbe potuto produrre un danno indeterminato. Ma resta, appunto, da sapere se la bomba poteva esplodere.
E, comunque, c’e’ un fatto oggettivo: per la prima volta, nella lunga serie di attentati anarco-insurrezionalisti messi a segno in Emilia-Romagna con plichi esplosivi e pentole-bomba, e’ comparsa la dinamite e per la prima volta, almeno potenzialmente, il danno poteva essere indeterminato.


I magistrati del pool antiterrorismo, Paolo Giovagnoli, Morena Plazzi, Luca Tampieri, coordinati dal procuratore Enrico Di Nicola, intanto stanno lavorando anche sulla rivendicazione dei due attentati di ieri e sulle possibili analogie con i documenti che hanno rivendicato altri attentati degli anarco-insurrezionalisti. Quella di ieri e’ stata una rivendicazione piu’ grezza e scarna rispetto, ad esempio, a quella dell’operazione ‘Santa Klaus’ con i pacchi bomba recapitati ad obiettivi della Ue, tra fine 2003 e inizio 2004.


Non c’e’ ad esempio l’esposizione di un programma. Piuttosto la rivendicazione di ieri ha analogie, anche come contenuti, con gli attentati di maggio scorso, quando un portafogli in pelle contenente polvere da cava venne spedito ad un ufficio della polizia municipale di Torino, un libro di favole riempito con 50 grammi di polvere pirica inviato al Centro di permanenza temporanea di Modena diretto da Daniele Giovanardi, fratello gemello del ministro per i rapporti con il Parlamento, e a Lecce un ‘libro esplosivo’ fu indirizzato al questore, Giorgio Manari.

Tutte rivendicazioni scritte con il normografo, con riferimenti ai temi dell’immigrazione e dei Cpt e piuttosto sintetiche. Nel frattempo sono state rinforzate le attivita’ di prevenzione e controllo negli uffici postali.


Un altro volantino anarco-insurrezionalista, comunque, era arrivato alla redazione romana di Repubblica il 25 ottobre, in questo caso a stampa e non scritto con il normografo, in cui si parlava gia’ di Parma. Quella notte nei pressi del Ris di Parma era stato udito un forte botto, come di un grosso petardo, ma le ricerche fatte l’indomani non avevano rilevato la presenza di danni o altro riferibile ad un ordigno. In quel documento l’analisi era piu’ approfondita rispetto alla rivendicazione di ieri.


Nel plico inviato al sindaco Cofferati c’era un mittente attinente alla videocassetta esplosiva che conteneva, ”Filmservice”, con un indirizzo inesistente, piazza Martiri della liberta’ a Milano, citta’ da cui e’ stato spedito come posta prioritaria.

Verra’ invece discusso il 21 dicembre prossimo davanti alla Cassazione il ricorso presentato dalla Procura di Bologna contro la decisione con cui il Tribunale del riesame aveva annullato a meta’ giugno l’ordinanza di custodia cautelare in carcere dei sette persone arrestate alla fine di maggio nell’operazione bolognese contro l’anarco-insurrezionalismo. Due di loro sono ancora in carcere perche’ colpite da provvedimenti della magistratura di Bologna. In questa inchiesta gli inquirenti stanno ancora analizzando il cospicuo materiale raccolto nelle perquisizioni di fine maggio. ”Non si puo’ assolutamente parlare di identita’ delle persone – ha specificato oggi il Procuratore Enrico Di Nicola – ma certo l’area e’ la stessa, anche se non bisogna fare ipotesi azzardate”.