Una patologia a carattere sociale, cioè strutturale in tutte le società attuali: considera così la violenza sulle donne il programma europeo Daphne, a cui l’Azienda USL di Bologna partecipa con “Young people say no to violence”, un progetto con cui servizi pubblici e associazioni di diversi paesi europei si confrontano sulla realtà della violenza nei rispettivi contesti e soprattutto su pratiche di prevenzione e di assistenza alle vittime.
Le anticipazioni dell’ultima indagine Istat (condotta nel 2005) confermano la realtà di una violenza alle donne pervasiva e allo stesso tempo sommersa: in Italia una donna su 3 subisce abusi e maltrattamenti non occasionali, ma pochissime, circa il 7%, sono le donne che riescono a sporgere denuncia.
Elementi essenziali per cambiare questo quadro sono una rete di servizi, con funzioni e specializzazioni diverse, ma coordinati e coerenti nel mettere al centro del loro intervento le esigenze della vittima, insieme a procedure e percorsi formalizzati. I consultori, con il loro ruolo di front line ma anche attivi fin dalla loro costituzione nell’elaborazione di interventi sui conflitti in ambito familiare, le associazioni che assistono le donne vittime di violenza e svolgono attività di informazione ed educazione nel tessuto sociale, le forze dell’ordine, i centri specializzati (ad esempio “Il Faro”, che nell’ambito dell’Azienda USL di Bologna supporta i servizi socio-sanitari nel lavoro con i bambini vittime di violenza), i servizi di emergenza (con il Pronto Soccorso dedicato a vittime di violenza in via di attivazione all’ospedale Maggiore, con il contributo appena annunciato della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna) hanno avuto e continuano ad avere in “Young people say no to violence” un’occasione per integrare le loro attività (con un impegno formalizzato in un protocollo d’intesa tra istituzioni e associazioni firmato due anni fa).
Nella fase precedente del progetto l’hanno fatto nel lavoro di identificazione degli hard to reach groups, gruppi di donne che con particolare difficoltà si riescono a raggiungere in caso di violenza: donne immigrate, minori vittime indirette di violenza domestica, donne borghesi, donne sofferenti di dipendenze. Il risultato previsto dal progetto in ambito bolognese nella fase attualmente in corso è un programma di formazione per gli operatori sanitari e per gli altri operatori sociali attivi sul territorio per l’identificazione di sintomi e segnali di violenza sulle donne e sui bambini.
All’incontro di oggi, una tavola rotonda presso l’Oratorio di Santa Maria della Vita a Bologna, hanno partecipato i protagonisti della rete locale di “Young people say no to violence”, tra cui la vicesindaco Adriana Scaramuzzino e l’assessora alle Politiche delle Differenze Milli Virgilio per il Comune di Bologna, Franco Riboldi, direttore generale dell’Azienda USL di Bologna, gli specialisti dei servizi pubblici e delle numerose associazioni che aderiscono, insieme ai rappresentanti inglesi del progetto.