“Appena arrivo mi tuffo in mare; la nonna mi ha detto che Lulù ha avuto cinque cuccioli spero che
possa tenerli; ogni volta che torno a Palermo mi dico che ho fatto bene ad andare a vivere a Bologna; voglio diventare un calciatore e giocherò nel Milan”: sono le voci sussurrate di uomini, donne e bambini che, insieme ai resti del DC9 Itavia,
riempiono la sala del ‘Museo della Memoria’ inaugurato oggi a Bologna per ricordare i 27 anni dalla strage di Ustica.


Le voci, insieme ad 81 specchi neri ed 81 lampade testimoniano il numero di quanti – passeggeri ed equipaggio – hanno perso la vita la sera del 27 giugno 1980 a bordo del DC9. Frasi di gente
comune che riportano la casualità dello scontro tra una vita normale e la tragedia. In una sala quadrata (30 metri per 30) nata dalla ristrutturazione di tre capannoni ottocenteschi
appartenuti alla Dc, è stato ricostruito l’aereo esploso il cui relitto è stato ripescato nel mar Tirreno ed è arrivato un anno fa a Bologna. Per i visitatori è stato allestito un corridoio perimetrale sopraelevato: la cabina dell’aereo si può quasi toccare. E a distanza di pochi metri si possono
osservare le ali, la coda e la carcassa tappezzata dai resti ancora intatti del DC9. Ai piedi dell’aereo ci sono delle casse di colore nero, rigorosamente chiuse, con all’interno gli oggetti personali dei passeggeri del volo 1H870 le cui foto sono state pubblicate in un libro dall’artista Christian
Boltanski. Magliette, portafogli, cinture, spazzolini è quello che resta di quella tragica serata.

Il presidente dell’associazione dei parenti vittime della strage di Ustica, Daria Bonfietti, ha detto che arrivare alla verità sulla strage “è un problema di dignità nazionale. Bisogna pretendere che il nostro paese si dia da fare un pò di più per arrivare a questa verità”.