Il 67,3 per cento delle aziende modenesi risulta congruo rispetto ai parametri degli studi di settore 2006. E’ quanto emerso da una recente indagine realizzata dal Centro Studi Confesercenti di Modena in collaborazione con Confesercenti Emilia-Romagna. La ricerca, condotta su scala regionale, ha interessato un campione composto da 10750 piccole e medie imprese operanti nei settori del commercio, del turismo e dei servizi.

I risultati raccolti dal Centro Studi di Confesercenti Modena vanno a sfatare alcuni luoghi comuni che, superficialmente, attribuiscono spesso alle imprese dei servizi un comportamento poco trasparente dal punto di vista fiscale. L’Associazione evidenzia che i dati non vanno letti come mera difesa dell’esistente, bensì come un contributo volto a elevare la soglia della legalità fiscale nel nostro Paese, con indicazioni che mirano alla semplificazione della normativa e a una maggiore equità per migliorare il rapporto contribuente-fisco.
Dall’indagine svolta emerge chiaramente un’alta percentuale di congruità, che in molti settori si avvicina al 70 per cento, tra gli imprenditori modenesi.

Scendendo nel dettaglio l’indagine realizzata dal Centro Studi Confesercenti Modena ha evidenziato che il 67,1% dei ristoranti sono congrui ( il 62,8% in Emilia Romagna), così come il 60,6% dei bar modenesi ha raggiunto la congruità (il valore regionale raggiunge il 65,4%). Per gli alberghi il dato sfiora addirittura l’89%, superando il 73% della media regionale.
Modena supera la media regionale (55,4%) con il 58,5% di congrui anche nel settore dell’abbigliamento al minuto. Rispetto al settore alimentari (negozi e piccoli supermercati) il valore rilevato localmente con il 66,6% di congruità non si discosta molto dal 66% dell’Emilia Romagna. Sono ben il 71,7% i fornai congrui (77,9% la media regionale). Virtuosi anche benzinai e ambulanti alimentari con rispettivamente il 71,6% (74,8% in regione) e il 61,7% (69,9% il dato regionale).

Secondo quanto emerso dai dati regionali raccolti dal Centro Studi, Modena, si è aggiudicata il quarto posto in Emilia Romagna per numero complessivo di esercizi commerciali congrui (congrui naturali e adeguamenti) segnando un 67,3%. Il primo posto è andato a Reggio Emilia con il 73,8%, il secondo a Ferrara (69%) e il terzo a Parma con il 68,3%.

Per consentire una lettura corretta dell’indagine è indispensabile richiamare le novità normative i cui effetti sono misurabili in modo oggettivo solo ora; anche per questo la ricerca assume particolare interesse perché rappresenta il primo consuntivo rispetto all’anno fiscale 2006. Anno in cui vigeva una normativa che disciplinava il rapporto fisco-imprese secondo i vecchi studi di settore e che è stato interessato dall’introduzione dei cosiddetti indici di normalità, con l’anomalia dell’effetto retroattivo sul 2006. Indici di normalità che sono stati introdotti dalla Finanziaria 2007, senza essere stati concordati con le Associazioni e che sono andati ad incidere pesantemente sulla pressione fiscale a carico delle piccole aziende, anche perchè elaborati senza un reale approfondimento rispetto all’effettivo andamento economico delle imprese.

I dati elaborati dal Centro Studi evidenziano che, nonostante l’appesantimento fiscale sia stato significativo e questo abbia avuto ripercussioni dirette sui costi aziendali e di conseguenza sul reddito delle imprese, la maggioranza delle stesse ha deciso di adeguarsi ai nuovi parametri volendo mantenere un rapporto corretto e trasparente con il fisco. Ad esemplificare le notevoli difficoltà che le imprese hanno dovuto affrontare per allinearsi ai nuovi parametri, risulta utile richiamare il dato relativo al settore abbigliamento. Quest’ultimo, infatti, pesantemente colpito dalla congiuntura negativa, fa registrare una percentuale più bassa, 55 per cento, di aziende che sono riuscite ad adeguarsi agli indici imposti dalla nuova normativa.

Resta comunque una percentuale significativa, pari al 30 per cento, di imprese che non è riuscita ad allinearsi ai parametri richiesti. Ciò preoccupa Confesercenti e necessità di una urgente revisione degli Studi di Settore, concertata con le Associazioni e finalmente coerente col reale andamento economico delle imprese. Questo è il modo più chiaro ed efficace per aumentare l’equità e al tempo stesso individuare e colpire che si sottrae ad un rapporto trasparente con il fisco. Al tempo stesso occorre però che il recupero di risorse si traduca in una politica fiscale volta ad abbassare, in modo prioritario, la pressione che grava sulla piccola e media impresa.