«Per aprire maggiormente il welfare modenese e ampliare la platea degli utenti occorre coinvolgere sempre più il non profit nella progettazione e responsabilità gestionale dei servizi». Lo afferma Gaetano De Vinco, presidente di Confcooperative Modena, commentando il rapporto sul welfare pubblicato dalla Cisl.
Anche se dalla ricerca emerge una discreta percentuale di esternalizzazione (il 54 per cento dei servizi vede la presenza di imprese private o non profit), in realtà l’influenza qualitativa del pubblico è ancora forte. «In molti servizi – spiega De Vinco – il non profit ha la responsabilità della gestione, ma di fatto non è ancora risolto il rapporto tra la stazione appaltante (generalmente un ente locale) e il privato sociale, in qualche caso considerato più per gli effetti di risparmio sui costi che come soggetto autonomo parte del percorso di programmazione e per la gestione completa dei servizi. Questo vuol dire c’è ancora un po’ di strada da percorrere se vogliamo arrivare a un modello di welfare in cui il pubblico governa e controlla, mentre il privato gestisce davvero in autonomia. Senza quest’ultima, il privato rischia di non poter esprimere investimenti, progettualità, imprenditorialità sociale».
Per il presidente di Confcooperative Modena, insomma, il pubblico tende a non coinvolgere adeguatamente gli attori privati e non profit nella progettazione di quel welfare plurale che pure la legislazione prevede. «Ne sono un esempio i percorsi di elaborazione dei Piani sociali di zona: salvo qualche eccezione, al non profit è concesso al massimo di essere consultato, negandosi così un potenziale di idee, competenze, imprenditorialità sociale che non viene sfruttato. Come verranno gestiti i prossimi percorsi per i Piani di zona 2009-2011, da chiudersi entro l’anno?»
De Vinco sostiene che a fare la differenza è anche la natura del soggetto privato operante nel welfare locale. «Una realtà non profit garantisce di più il rapporto con la comunità locale. Una cooperativa sociale ha vincoli statutari severi in termini di assenza di finalità di lucro, partecipazione interna, presenza di soci volontari, rapporto con il territorio. Purtroppo a volte gli enti pubblici non considerano questi aspetti come centrali e quindi non li premiano».
Poiché il non profit ha la peculiarità di produrre beni relazionali, e quindi risposte ai bisogni sociali, coesione, solidarietà, democrazia economica, il presidente di Confcooperative Modena invita le istituzioni a scegliere e valutare i gestori dei servizi in base a questo criterio.
«Dal canto nostro – conclude De Vinco – siamo pronti ad accettare la sfida».