L’Emilia Romagna invecchia rapidamente: la popolazione anziana è passata dal 21,4% del 1997 al 22,7% nel 2007. Le donne con più di 65 anni sono il 25% mentre la percentuale degli uomini è decisamente inferiore: 19,6%.

In crescita, anche gli ultra ottantenni. Piacenza (24,24%), Ferrara (24,58%), Ravenna (23,87%) e Bologna (23,13%) sono le province più anziane; Rimini e Reggio Emilia le più giovani con il 19,38%.

La Cna Pensionati (oltre 54mila associati tra ex artigiani e non) ha commissionato un’indagine (effettuata dall’Istituto di ricerca e marketing Freni) su di un campione di 442 pensionati, verificando come il trend del progressivo invecchiamento si ripercuota sia sullo stile di vita e di relazione dei pensionati sia sull’organizzazione sociale ed economica del territorio.

“Ancora dieci anni fa – spiega Tina Felicani presidente regionale di CNA Pensionati – il profilo dell’anziano risultava quello di persona dalla salute precaria, con interessi pressoche’ ridotti al minimo. Oggi i pensionati oggetto della ricerca risultano persone che mediamente godono di buona salute, sono in forma fisica grazie all’adozione di pratiche salutistiche, hanno un’articolata vita di relazione; che, nonostante l’eta’ media si sia alzata, dichiarano circa 20 anni di aspettative di vita e proprio per questo, tendono a crearsi precisi punti fermi per gli anni a venire”.

Dalla ricerca Cna risulta che quasi 3 pensionati su 4 hanno superato i 70 anni; uno su 4 rientra nella fascia fino a 65 anni e una quota analoga ha superato quella degli 80 anni. Circa la metà degli intervistati ha oltre 15 anni di pensionamento alle spalle; un pensionato su 6 è fuoriuscito dal lavoro negli ultimi 5 anni. Il 15% degli intervistati ha continuato a lavorare diversi anni dopo il pensionamento ed il 6% continua a lavorare tutt’ora. Sono soprattutto gli uomini a proseguire l’attivita’ lavorativa piuttosto che le donne.
Queste ultime rappresentano quasi il doppio degli uomini; sono normalmente piu’ giovani dei loro partner ed hanno una speranza di vita di 7 anni superiore. Due le motivazione principali per chi continua a svolgere una qualche attivita’: l’amore per il proprio lavoro e soprattutto avere ulteriori entrate economiche. Il caro vita, infatti, penalizza pesantemente il reddito da pensione, che per il 73,1% e’ inferiore a quello percepito durante il periodo lavorativo e si attesta per il 27,8% sui 500 euro; per il 20% tra i 650 e gli 800 euro e per il 17% tra gli 800 e i 1000 euro. I piacentini risultano da un lato tra i più “poveri” (dichiarando il 46,2% di percepire una somma sui 500 euro), dall’altro i più “ricchi”, dichiarando il 23,1% di percepire un assegno mensile tra gli 800 e i 1000 euro. Il 63,8% dei pensionati intervistati dichiara di non disporre di altri redditi oltre la pensione (percentuale questa che sale all’88,9% a Ferrara e all’81,8% a Reggio Emilia). Tali cifre risultano altamente insufficienti per vivere a detta del 44,3% dei pensionati e appena sufficiente per il 35,3%.

A fronte di una ridotta sicurezza economica, i pensionati intervistati hanno individuato due certezze: il bene-casa e le reti parentali ed amicali. La casa rappresenta il bene primario, acquistato con grossi sacrifici durante l’attività lavorativa; il luogo attorno al quale si muove tutta la vita di relazioni. Il 91,6% dei pensionati intervistati e’ proprietario dell’abitazione in cui vive; percentuale che tocca il 100% tra i pensionati parmensi, piacentini, forlivesi e riminesi; il 97% tra quelli reggiani e il 96,6% tra quelli ravennati. Si tratta di abitazioni spesso “extralarge” per nuclei familiari che risultano, per la maggior parte, costituiti da due persone e in certo numero da una sola persona. Abitazioni, peraltro, che proprio perchè in gran numero ultraventennali, abbisognano di elevata manutenzione e messa in sicurezza, con costi che dati i redditi posseduti, molti pensionati no.