A Modena ci sono famiglie che per vivere in affitto spendono tra i 450 e 750 euro al mese; una cifra che, a seconda dei casi, oscilla tra il 30 e il 50 per cento del reddito familiare, ma che per qualcuno assorbe addirittura più della metà delle entrate. Non se la passa meglio chi abita in una casa di proprietà e per comprarla ha stipulato mutui che superano anche i 900 euro mensili e, anche in questo caso, si “mangiano” oltre la metà degli stipendi. Le difficoltà a far fronte alle spese per la casa emergono da un sondaggio sulla condizione familiare e abitativa in provincia di Modena realizzata dalla Nuova Quasco insieme alla Cisl.

La ricerca è stata presentata oggi in un convegno al quale hanno partecipato anche il vice presidente della Provincia Maurizio Maletti, il sindaco di Sassuolo Graziano Pattuzzi e il consigliere regionale Giancarlo Muzzarelli, presidente della commissione Territorio-ambiente-mobilità della Regione. «Il nostro sondaggio è stato condotto nel periodo aprile-maggio 2008 su un campione di 227 famiglie (l’86 per cento italiane, il 14 per cento straniere), per complessive 744 persone – spiega Eugenia Cella, segretario provinciale del Sicet, il sindacato inquilini della Cisl – Un terzo delle famiglie intervistate vive in affitto, i restanti due terzi sono proprietarie dell’alloggio. Rispetto alla media nazionale (71,4 per cento di abitazioni in proprietà), abbiamo registrato una presenza maggiore di famiglie in locazione».
La maggior parte degli intervistati vive in alloggi di dimensione compresa tra i 60 e 120 mq; solo il 7,6 per cento abita in meno di 59 mq. L’80 per cento è soddisfatto della propria abitazione, mentre il 20 per cento la giudica mediocre, se non addirittura pessima. I problemi maggiori riguardano lo stato di conservazione, la dimensione, l’accessibilità e il parcheggio. Molte famiglie vorrebbero cambiare casa, ma il loro reddito non lo permette. Il 44 per cento delle famiglie intervistate, infatti, dichiara di arrivare a fine mese con difficoltà; il 58 per cento non ha risparmiato nulla nel 2007, il 17 per cento ha dovuto contrarre debiti. Non sorprende, perciò, che oltre la metà del campione esaminato dichiari di avere problemi a pagare regolarmente il canone di affitto, specialmente quello a libero mercato, che rappresenta il 65 per cento dei casi. Per quanto riguarda chi vive in casa propria, il 35 per cento paga un mutuo avendo chiesto prestiti compresi tra 100 mila e 199 mila euro; oltre la metà di costoro ha visto l’ultima rata aumentata di 100 euro rispetto a quella iniziale. Il mutuo impegna tra il 30 e il 50 per cento del reddito familiare. Il sondaggio della Cisl evidenzia una maggiore sofferenza delle famiglie locatarie rispetto a quelle proprietarie; il canone d’affitto, infatti, incide di più sul reddito rispetto alla rata del mutuo. A margine del sondaggio la Cisl segnala che nel Comune di Modena le domande per accedere al fondo sociale per l’affitto sono passate dalle 2.458 del 2000 alle 4.135 del 2008, mentre sono 1.481 le domande presenti nella graduatoria per l’assegnazione di alloggi in edilizia residenziale pubblica (case popolari).

La Cisl chiede il coinvolgimento di fondazioni, banche e imprese
«In uno scenario che rivela un disagio così diffuso è più che ma necessaria e urgente una nuova e seria politica abitativa che punti al superamento dell’emergenza e alla stabilizzazione del sistema attraverso il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica». Lo afferma il Sicet (sindacato inquilini della Cisl) commentando il sondaggio sulla condizione familiare e abitativa in provincia di Modena presentato oggi. «Per tutelare e garantire il diritto di tutti i cittadini all’abitare, è prioritario e improcrastinabile un intervento pubblico e di tutti gli attori sociali, ognuno nel rispetto dei rispettivi ruoli, a favore delle famiglie a basso reddito – spiega Eugenia Cella, segretario provinciale del Sicet-Cisl di Modena – È necessario innanzitutto riqualificare il patrimonio pubblico esistente attraverso interventi di recupero manutentivi e l’adozione di tipologie abitative con caratteristiche rispondenti alla domanda. Allo stesso tempo è necessario un piano di edilizia agevolata in locazione permanente utilizzando strumenti e strategie che sappiano attrarre investitori privati (cooperative, imprese, datori di lavoro, ecc) da coinvolgere assieme agli investitori istituzionali (fondazioni bancarie, enti previdenziali, fondi pensione, assicurazioni, ecc). Gli stessi investitori istituzionali con nuovi strumenti finanziari attraverso il partnerariato pubblico e privato possono e debbono contribuire a rilanciare l’edilizia in affitto a prezzi calmierati. Occorre ora più che mai ridefinire il ruolo del soggetto pubblico come attore centrale che comprenda e responsabilizzi anche attori privati e del terzo settore in un programma concertato e, quindi, condiviso». Per la Cisl, inoltre, bisogna estendere lo strumento dei Peep, potenziare e integrare l’offerta di edilizia residenziale universitaria, impedire i processi di segregazione socio–spaziale, aumentare il tasso di rotazione nel patrimonio Erp. «Non possono poi mancare – aggiunge il segretario provinciale della Cisl Francesco Falcone – gli incentivi fiscali e di sostegno del reddito, tra cui l’introduzione dell’aliquota fiscale unica del 20 per cento sul reddito di affitto, l’estensione degli sgravi fiscali e dell’imposta di registro ridotta, previsti per i canoni agevolati, a tutti i Comuni e non solo a quelli ad alta densità abitativa. Inoltre chiediamo la defiscalizzazione delle tasse comunali sugli immobili destinati alla locazione, in ragione anche del loro utilizzo sociale. Faccio un esempio: si potrebbe prevedere l’esenzione Ici sugli immobili concessi in affitto a canoni concordati, come già previsto per i contratti stipulati tramite le Agenzie comunali per la casa, garantendo l’esenzione per tutta la durata legale del contratto. Viceversa, l’Ici potrebbe essere più alta sugli immobili a canone libero e gli alloggi sfitti». La Cisl chiede anche di combattere gli affitti in nero a danno soprattutto degli immigrati; un fenomeno che, secondo una classifica stilata pochi mesi fa dal Sole 24 Ore, vede Modena al sesto posto in Italia per danaro sottratto al fisco grazie agli affitti in nero pagati per la maggior parte da clandestini, anche se il fenomeno coinvolge gli stranieri regolari e i soggetti che soggiornano nel nostro territorio per motivi di lavoro o studio per brevi periodi. «Occorre, poi, considerare l’edilizia sociale come obiettivo di welfare, costituendo anche il Fondo etico di solidarietà che deve vedere insieme istituzioni, fondazioni, imprese e lavoratori – continua Falcone – Il fabbisogno abitativo incide notevolmente sulla politica degli investimenti socialmente sostenibili, sulla priorità di programmi di riqualificazione urbana e recupero dei centri degradati, sull’inclusione sociale, sulla riqualificazione dell’edilizia sociale e pubblica. In altre parole – conclude il segretario Cisl – tutto ciò a che fare con una gestione urbanistica della città e del territorio che sia coerente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile».