Sono stati presentati questa mattina, nella sede di Unindustria a Bologna, i risultati della ricerca “Vivere sotto le Due Torri”, che è stata promossa dall’Azienda USL di Bologna, gestita dalla Provincia di Bologna e realizzata grazie ad un’estesa partnership di soggetti pubblici e privati, tra cui: Ucodep, Iiple, Inail direzione regionale Emilia-Romagna – Sede di Bologna, Inps, Osservatorio per la prevenzione negli ambienti di lavoro presso Assindustria Bologna. Tra i relatori presenti anche l’assessore provinciale Istruzione Formazione e Lavoro Paolo Rebaudengo.

Obiettivo della ricerca era quello di disegnare un quadro aggiornato delle condizioni sociali, lavorative e di salute dei lavoratori stranieri a Bologna e provincia.
Sono state realizzate 350 interviste ad altrettanti lavoratori stranieri, di 17 nazionalità, residenti in provincia di Bologna ed estratti casualmente dalle liste anagrafiche di 22 Comuni. E’ la prima ricerca sociale quantitativa realizzata sul nostro territorio con un campione rappresentativo di questo tipo.
Dall’analisi emerge che il livello di istruzione del campione è piuttosto elevato: oltre l’80% degli intervistati ha studiato più di otto anni; il 46,9% ha un diploma professionale o di scuola superiore e il 17,9% una laurea o un titolo post-laurea. Per quanto riguarda la sicurezza solo 37,6% ha frequentato corsi di sicurezza sul lavoro durante l’orario di lavoro.
Un intervistato su 3 gode di uno stato di salute molto buono e nessuno tra gli intervistati si trova allo stato attuale in condizione di irregolarità. Il 48,4% degli intervistati possiede il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (ex carta di soggiorno) o la carta di soggiorno comunitaria.
Sul sito web dell’Ufficio Politiche dell’Immigrazione della Provincia di Bologna è liberamente consultabile un report di sintesi.

Una sintesi dei risultati della ricerca
L’età media degli intervistati è 38,4 e pari a poco più di 10 anni è l’anzianità media di permanenza in Italia.
1) Formazione e lavoro
Il livello di istruzione del campione è piuttosto elevato: oltre l’80% degli intervistati ha studiato più di otto anni; il 46,9% ha un diploma professionale o di scuola superiore e il 17,9% una laurea o un titolo post-laurea.
Rilevante è la quota di intervistati che ha compiuto studi in Italia (poco meno del 60%).
L’86,8% si dichiara attualmente occupato. Così sostengono soprattutto i maschi (93,7%), mentre le femmine registrano una percentuale di disoccupate (11,2%) un po’ superiore alla media del campione, che è del 7,4%.
Posizione contrattuale: la metà del campione sta lavorando con un contratto di lavoro dipendente a tempo pieno e indeterminato e un altro 15,4% lavora sempre come dipendente a tempo indeterminato ma part-time; il terzo raggruppamento per numerosità è quello di coloro che hanno un contratto dipendente a tempo pieno e determinato (il 10%); a seguire troviamo i lavoratori autonomi (7,4%).
Il 40% degli intervistati svolge attualmente un lavoro operaio, e all’interno di questo sottogruppo 1 su 4 si dichiara operaio specializzato. Una quota significativa, inoltre, si occupa di pulizie (10,8%), lavora come colf o baby-sitter (9,7%) o è addetto ai trasporti e alla movimentazione (7,6%).
Guardando alla relazione fra attività lavorativa fatta attualmente e attività lavorativa fatta prima dell’arrivo in Italia, vediamo che fra le persone che facevano un lavoro intellettuale attualmente 4 su 10 fanno l’operaio generico o specializzato, mentre quasi la metà lavora nell’area dei servizi alla persona, così come il 70% di quanti facevano un lavoro impiegatizio. 1 su 4 che era operaio specializzato si trova a fare l’operaio generico.
Il canale più efficace attraverso il quale gli intervistati hanno trovato lavoro è quello degli amici e conoscenti della stessa nazionalità (39,5%), seguito dall’attivazione diretta attraverso la presentazione all’azienda o l’invio di un curriculum (22,9% dei casi); in terza posizione si colloca il canale degli amici e conoscenti italiani (22,1% dei casi). Ad una certa distanza finiscono le agenzie di lavoro interinale (11,1%).
Per quanto riguarda la presenza di alcuni fattori di rischio particolari all’interno del luogo di lavoro, si rileva che una quota significativa di intervistati deve fare i conti soprattutto con la rumorosità e lo spostamento manuale di carichi pesanti (la metà dei soggetti coinvolti). Tutt’altro che irrilevante è anche la quota di quanti si confrontano con lavori in posizioni pericolose o con alte temperature, due sottogruppi ciascuno dei quali raccoglie un terzo del campione; mentre altri due sottogruppi di soggetti che corrispondono ciascuno ad un quarto del campione sostiene che nel fare il proprio lavoro deve affrontare vibrazioni o basse temperature. Inoltre, oltre un terzo del campione (36,3%) afferma di aver lavorato nei giorni festivi, poco meno di un terzo per più di dieci ore al giorno (31,8%), e una quota analoga nei giorni di riposo (31,7%). Infine, un intervistato su cinque ha lavorato anche di notte o fatto turni di lavoro.
In merito alla qualità del lavoro, l’aspetto giudicato maggiormente critico è quello economico, costituito dal reddito per i lavoratori dipendenti e dal guadagno per i lavoratori autonomi. Al contrario è il rapporto con i colleghi a dare le maggiori soddisfazioni
Rispetto alle dinamiche relazionali che caratterizzano il posto di lavoro, agli intervistati è stato chiesto se a loro risulta difficile capire l’italiano, in particolare quando capi, dipendenti, colleghi o clienti rivolgono delle richieste. Oltre la metà (58,3%) sostiene di non avere mai difficoltà a capire l’italiano, mentre per il 36,2% questo capita qualche volta e solamente il 5,5% afferma che succede spesso.
2) Sicurezza sul lavoro
Solo 37,6% ha frequentato corsi di sicurezza sul lavoro durante l’orario di lavoro.
Tra coloro che l’hanno fatto, elevata è comunque la soddisfazione sulla loro chiarezza e comprensibilità, da un lato, e sull’effettivo apprendimento di concetti e tecniche precedentemente non conosciuti.
Il 24,6% ha subito un infortunio – anche di lieve entità – sul lavoro attuale. I più esposti paiono essere i maschi nordafricani e albanesi, anche in ragione della loro collocazione nel mercato del lavoro.
Il 22,3% non è informato sui propri diritti in caso di infortunio, soprattutto le donne.
3) Stato di salute e accesso ai servizi sociosanitari
1 intervistato su 3 gode di uno stato di salute molto buono.
I sintomi di malessere più segnalati riguardano l’apparato osteo-muscolare e nell’ordine: schiena (20,1% di tutti i sintomi segnalati dagli intervistati), spalle e collo (12,9%), gambe (11,9%) e testa (11,8%); seguono ansia (11,1%), sonno (8,5%), pelle (7,5%), vista (4,8%), respiratori (4,1%), alimentazione (3,8%) e udito (2,1%).
I sintomi riferiti relativi all’apparato locomotore riguardano persone che svolgono mansioni lavorative pesanti (operai e operatori sociosanitari ed educativi).
Rilevanti sono anche quelle patologie legate a condizioni di stress strettamente connesse allo stato di migrante: ansia, disturbi del sonno e problemi di pelle e allergie.
Altissima è la percentuale di persone regolarmente iscritte al SSN (97,4%) e che conosce il medico di medicina generale (98%) al quale si rivolge con una modalità pressoché continuativa.
Il 60,4% dei rispondenti dichiara di non essersi mai rivolto al pronto soccorso durante l’ultimo anno.
4) Integrazione e inclusione
Nessuno tra gli intervistati si trova allo stato attuale in condizione di irregolarità.
Il 48,4% degli intervistati possiede il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (ex carta di soggiorno) o la carta di soggiorno comunitaria.
Si dichiara in generale interessato ad ottenere la cittadinanza italiana il 78,7% del campione; il 53,9% è “molto interessato”.
Prospettive sul futuro, di breve e di medio periodo: tra 3 anni l’82,2% prevede di essere ancora in un Comune della Provincia di Bologna, tra 10 anni tale quota scende al 50,0%. Chi pensa di essere al proprio Paese di origine è rispettivamente il 4,3% ed il 17,1%.
In merito all’alloggio, il 53,7% ha un contratto di affitto privato ed il 14,3% un contratto di affitto pubblico.
Rilevante la quota di chi ha comprato casa (21,4%) – soprattutto tra gli europei dell’Est ed i cittadini del subcontinente indiano.
Le abitazioni risultano bene attrezzate, dotate dei principali accessori di cui sono provviste quelle degli italiani.
Gli indici di diffusione degli elettrodomestici di base (lavatrice, frigorifero, cucina) sfiorano il totale. Il televisore è presente nelle case del 96,3% del totale degli intervistati; il 50,7% di loro possiede anche il satellite o la payTV.

Quasi tutti hanno un telefono cellulare (99,4%), mentre solo il 36,5% è dotato di una linea fissa, scelta che probabilmente limita anche la diffusione dell’accesso ad internet, che tuttavia registra una quota significativa (29,4%).
Relativamente più diffuso è invece il computer, posseduto dal 47,8% del totale del campione.
Se, da un lato, le persone intervistate presentano un buon livello di integrazione con il possesso della casa e la diffusione di beni domestici, dall’altro lato i dati segnalano una situazione di relativo isolamento nelle relazioni con la comunità locale.

Oltre la metà degli intervistati non frequenta mai colleghi al di fuori dell’ambiente di lavoro.

Le persone con titolo di studio più elevato sembrano avere maggiore propensione all’instaurazione di relazioni di vicinato, che sono più diffuse nei Comuni di montagna e meno nei Comuni di pianura e nel capoluogo.

Amici, in particolare connazionali, parenti e familiari sono le persone con le quali si trascorre buona parte del proprio tempo libero.
Alquanto limitata risulta la partecipazione alla vita associativa: più del 90% del campione non ha mai partecipato – nell’ultimo anno – all’attività di associazioni culturali italiane, di altre comunità straniere e di partiti politici.
Le organizzazioni legate al mondo sportivo intercettano il 14,7% del campione.