Per colpa della crisi, i consumatori “svuotano” il carrello e cambiano abitudini a tavola: il 60 per cento dichiara di aver modificato il proprio menù e il 34 per cento di aver optato per prodotti di qualità inferiore. Per molti è ormai una necessità, per altri uno, dei vari modi di far quadrare il bilancio familiare. Il risultato più immediato è che la spesa alimentare cede ancora il passo: era di 461 euro mensili a famiglia nel 2009, cala a 447 euro medi al mese nel 2010. Vuol dire il 3,1 per cento in meno in dodici mesi e ben il 6 per cento in meno da quando è cominciata la crisi.

Rispetto al 2008, infatti, quando si spendevano mediamente 475 euro per cibo e bevande, le famiglie italiane hanno destinato quasi 30 euro in meno ogni mese per fare la spesa al supermercato. Lo rivela un’indagine della Cia-Confederazione italiana agricoltori, presentata in occasione della 5ª Conferenza economica in corso a Lecce. Nel giro di un triennio, quindi, gli italiani hanno ridotto di circa 350 euro la parte dello stipendio riservata a cibo e bevande. Causando un’accelerazione della tendenza alla perdita di peso degli acquisti riguardanti l’alimentazione, scesi dal 17,3 al 16,5% del totale della spesa sul territorio nazionale.

Ma spendere di meno significa dover cambiare le abitudini alimentari. E infatti -continua la Cia- oltre la metà delle famiglie italiane (il 60%) sostiene di aver modificato il menù rispetto al passato e il 35% di aver limitato gli acquisti. Nel contesto dei “tagli” alimentari, viene fuori che il 40,2% degli italiani ha diminuito gli acquisti di frutta e verdura, il 36% quelli di pane e pasta e il 39,5% quelli di carne e pesce. Indicazioni che trovano conferma nel consuntivo 2010 dei consumi alimentari: l’anno scorso, dati Ismea alla mano, sono calate infatti le quantità acquistate di pane e pasta (scesi rispettivamente del 2,7 e dell’1,8% su base tendenziale), carne rossa (meno 4,6%), prodotti ittici (meno 2,9%), ortofrutta (meno 1,8%) e vino da tavola (meno 2,1%).

Oltre alla quantità, i consumatori sono costretti spesso a rinunciare anche alla qualità. Complice la perdita di potere d’acquisto e la ripresa dell’inflazione -sottolinea l’indagine della Cia- il 34% delle famiglie del Belpaese (7,4 milioni) dichiara di optare per prodotti di qualità inferiore e il 30% (6,6 milioni) di rivolgersi ormai quasi esclusivamente alle promozioni commerciali.

E purtroppo anche il 2011 non promette grandi cambiamenti sul fronte alimentare. Il rialzo dell’inflazione, spinto su dal “caro-energia” e dal boom delle commodities, i redditi bassi e le vendite al palo, non sembrano poter spingere in avanti i consumi a tavola. Già il primo trimestre dell’anno, d’altra parte, ha messo in evidenza lo stesso trend del 2010: acquisti in calo di oltre il 3%, flessione pressoché generalizzata di tutti i canali di vendita, orientamento a comprare meno prodotti e di qualità inferiore. Tutti elementi che portano a ritenere impossibile una vera ripresa dei consumi domestici prima del 2012.