Bando-FEIIl Consiglio d’Europa ha finanziato, attraverso il Fondo Europeo per l’Integrazione di cittadini di Paesi terzi (Fei), un nuovo progetto promosso da Comune e Ausl (capofila) di Reggio Emilia per sviluppare nella Zona stazione una serie di attività di prevenzione del disagio sociale, in particolare giovanile.

Le attività del progetto Salute Integrazione Dialogo (Said), finanziate con 140.000 euro  attraverso il Ministero dell’Interno, si affiancheranno ad altre, operative da diversi anni (come, ad esempio, lo Spazio Raga e i Mediatori culturali), per affrontare con maggiore efficacia e profondità  problematiche sociali che, in un quartiere con forte ricambio di residenti, in gran parte immigrati (6815 Su un totale di 9.777 residenti, di 71 nazionalità diverse) presenta situazioni in continuo divenire.

Il progetto Said è stato presentato oggi alla stampa dall’assessore alla Coesione e sicurezza sociale Comune Reggio Emilia Franco Corradini, da Antonio Chiarenza  della Direzione generale dell’Ausl e da Manuela Vaccari, coordinatrice progetto ‘Operatori di strada’. Erano presenti inoltre il presidente della Dimora d’Abramo Luigi Codeluppi, Olga Valeriani dell’associazione Papa Giovanni XXIII e Gianluca Grassi di Reggio nel Mondo, rappresentanti di enti e associazioni che partecipano al progetto insieme alle cooperative Koinè e La quercia.

“Il progetto Said – ha detto Corradini – segna un’ulteriore evoluzione dell’impegno di Comune, Ausl e associazioni per combattere fenomeni di marginalità e consumo di alcool nella zona stazione, in particolare tra i giovani. Non soltanto ordinanze, quindi, ma un lavoro di rete sul territorio, che arricchisce le modalità di intervento, come quella degli operatori di strada, che in questi anni hanno già dato risultati concreti e migliorato la convivenza”.

Negli ultimi tre anni, gli operatori di strada hanno effettuato 318 uscite nella zona, avvicinando 1092 persone e realizzando 3061 contatti, in gran parte con nordafricani ma anche con numerosi italiani e accompagnando molti di loro in percorsi di uscita dalla marginalità e di nuova consapevolezza di diritti e doveri. La componente educativa del lavoro degli operatori, anche delle nuove figure di agenti di salute, che sarà introdotta con questo progetto, è stata sottolineata da Chiarenza, il quale ha ricordato l’importanza di sviluppare tra i gruppi più marginali, oltre agli interventi direttamente assistenziali, “l’educazione ai diritti e ai doveri e l’informazione sulle opportunità messe a disposizione dai servizi sanitari, sviluppando la consapevolezza dell’importanza della prevenzione e dei rischi ai quali si può andare incontro con comportamenti sbagliati”.

Il progetto Said si propone quindi di lavorare sul versante della mediazione sociale e del dialogo interculturale, promuovendo l’accesso ai servizi sociali, sanitari, educativi e favorendo la conoscenza tra società di accoglienza e comunità straniere attraverso diverse azioni. Prima di tutto, l’introduzione della figura dell’agente di salute, nuova per Reggio Emilia ma sperimentata con successo in altri Paesi europei. Si tratta di un professionista proveniente dalla comunità immigrata, che diventa “ponte” tra i servizi di assistenza e la comunità con particolare riferimento al tema della prevenzione.

Sarà inoltre potenziata la presenza del team di operatori di strada, in particolare per l’accompagnamento verso i servizi sanitari e il lavoro di mediazione sociale con i residenti.

Sarà anche migliorata la capacità del servizio educativo territoriale di avvicinare e fidelizzare i giovani immigrati e le “seconde generazioni”, rinforzando l’equipe di lavoro con la presenza di educatori di comunità sul territorio, per la promozione di stili di vita sani e consapevoli.

Importante, infine, la creazione di una rete di lavoro tra gli operatori (agenti di salute, operatori di strada, educatori di comunità) il cui funzionamento sia regolato da un protocollo operativo.

Tra i principali obiettivi del progetto, vi è quello di favorire la partecipazione attiva e responsabile alla vita del quartiere e della città e diffondere una cultura della solidarietà e del dialogo interculturale, a partire dai cittadini immigrati di seconda generazione.

Il progetto si compone di cinque “macro attività”. Sarà anzitutto formalizzata la rete dei soggetti che già operano sul territorio (Ausl, Ente locale, terzo settore e associazionismo) attraverso la sottoscrizione di un protocollo operativo che consenta di promuovere azioni congiunte e integrate.

Sarà formata la nuova figura dell’agente di salute, professionista integrato nella équipe socio-sanitaria, che diventerà “ponte” tra i servizi di assistenza e la comunità, in particolare nell’ambito della prevenzione. Questa figura fornirà informazioni alle persone che fanno parte delle comunità di migranti, cercando di facilitare il loro accesso ai servizi sanitari e accrescerne la consapevolezza in merito alla propria salute. Il progetto intende costruire 7 nuove figure di agenti di salute, selezionati tra mediatori linguistico culturali già operanti nei servizi al fine di avviare una sperimentazione pilota.

Parteciperanno al progetto anche 2 operatori di strada, presenti contemporaneamente per 20 ore alla settimana sul territorio per tutta la durata del progetto. Un terzo operatore, con la funzione specifica di animatore, sarà presente per 10 ore la settimana presso i locali del Cafè Reggio.

Sarà potenziata l’offerta educativa presente in zona con l’introduzione di 2 educatori di comunità, impegnati nella costruzione di percorsi di promozione di responsabilità educativa, valorizzazione delle competenze giovanili, progettazione di occasioni di incontro, confronto e partecipazione sui temi legati al benessere della persone, agli stili di vita sani e responsabili.

Saranno impegnati per 10 ore ciascuno per tutto il periodo del progetto.

Complessivamente, parteciperanno al progetto 12 operatori, dei quali 7 (gli agenti di salute) di nuova istituzione.

È infine prevista una specifica attività di comunicazione e sensibilizzazione.

Il quartiere costituisce la parte della città con la più alta concentrazione di residenti di origine straniera che, in alcuni condomini, raggiunge l’80%. Su un totale di 9.777

residenti, infatti, ben 6.815 sono di origine straniera e appartengono a 71 nazionalità diverse. L’età media degli immigrati è di 31 anni e notevole è la presenza di bambini, adolescenti e giovani. La zona si caratterizza per essere un luogo di passaggio, dove molti immigrati trovano alloggio anche solo temporaneamente. Ciò determina fenomeni di mancato radicamento e continua transitorietà, che incidono profondamente  sull’uso dello spazio abitativo e di quartiere e sul benessere collettivo e le relazioni sociali e di vicinato. La precarietà contribuisce inoltre a rendere difficile l’accesso degli immigrati al servizio pubblico socio-sanitario e le opportunità offerte dal territorio sono spesso poco conosciute.

Il Comune di Reggio Emilia e l’associazione Papa Giovanni XXIII hanno attivato da tempo azioni congiunte di prevenzione e contrasto di fenomeni di esclusione sociale e iniquità. In particolare, un team di tre operatori, attivo in zona dal 2010, nei primi due anni ha avuto circa 3000 contatti in strada con persone in situazioni di disagio e marginalità, spesso tossicodipendenti o alcol-dipendenti. Gli operatori hanno inoltre rilevato l’aumento della presenza di persone che vivono in una situazione di grave emarginazione e alto rischio sanitario. Anche dalla rete dei soggetti del terzo settore no-profit, in autonomia, realizza alcuni progetti di accoglienza invernale.