ROMA (ITALPRESS) – Gli articoli 1, 2 e 4 del Decreto legge n. 19 del 2020 non hanno conferito al presidente del Consiglio dei ministri nè una funzione legislativa in violazione degli articoli 76 e 77 della Costituzione nè poteri straordinari in violazione dell’articolo 78, ma gli hanno attribuito solo il compito di dare esecuzione alla norma primaria mediante atti amministrativi sufficientemente tipizzati. E’, questo, un passaggio saliente della sentenza della Corte costituzionale che si è pronunciata sulle questioni sollevate dal Giudice di pace di Frosinone circa la legittimità costituzionale dei Decreti legge n. 6 e n. 19 del 2020, entrambi convertiti in legge, riguardanti l’adozione, mediante decreti del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm), di misure urgenti di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Nel caso concreto, un cittadino aveva proposto opposizione contro la sanzione amministrativa di 400 euro inflittagli per essere uscito dall’abitazione durante il “lockdown” dell’aprile 2020 in violazione del divieto stabilito dal Dl e poi dal Dpcm. Secondo il Giudice di pace, i due Decreti legge avrebbero conferito al presidente del Consiglio la funzione legislativa o poteri straordinari, in contrasto con gli articoli 76, 77 e 78 della Costituzione. La Corte ha dichiarato inammissibili per difetto di rilevanza le questioni riguardanti il primo Dl – n. 6 del 2020 – risultato inapplicabile in considerazione del tempo in cui è stata posta in essere la condotta sanzionata. Invece, sono state dichiarate non fondate le questioni concernenti il Dl n. 19 del 2020 – applicabile al caso concreto – poichè quest’ultimo ha non solo tipizzato le misure adottabili dal presidente del Consiglio, ma, stabilendo che la relativa esecuzione debba avvenire secondo principi di adeguatezza e proporzionalità, gli ha anche imposto un criterio tipico di esercizio della discrezionalità amministrativa, di per sè incompatibile con l’attribuzione di potestà legislativa.
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