Gli uomini della Polizia di Stato della Questura di Reggio Emilia, coordinati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, stanno eseguendo dieci misure cautelari carcerarie emesse dal GIP distrettuale a carico di altrettante persone, tutte nigeriane, gravemente indiziate di associazione a delinquere di stampo mafioso e, a vario titolo, di altri reati (rissa, lesioni, rapina) aggravati dal metodo mafioso.

I destinatari di misura cautelare, ed altri 15 soggetti destinatari di decreto di perquisizione e sottoposti ad indagine nel medesimo procedimento penale, sono indiziati di appartenere a due Cults, diretta promanazione delle confraternite operanti in Nigeria e precisamente “Supreme Vikings Confraternity” e “National Association of Air Lords”, conosciuta anche come “Supreme Eiye Confraternity”.

In particolare, nel corso del 2018, nell’ambito di una indagine volta al contrasto di un traffico di sostanza stupefacente, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Emilia (interamente definita con 24 arresti in flagranza di reato [1] ed il sequestro di 110 Kg di marijuana e 300 grammi di cocaina) si è rilevata l’esistenza di un contrasto in atto, culminato anche con violente aggressioni, consumate in taluni casi con l’uso di armi da taglio e sfociate in lesioni anche gravi, tra due gruppi di cittadini nigeriani appartenenti a due Cults contrapposti.

Le emergenze investigative relative all’esistenza di due “locali” della strutturata, radicata e consolidata mafia di matrice nigeriana in Reggio Emilia, comportava il passaggio del fascicolo, alla Procura della Repubblica di Bologna. All’indagine veniva applicato, anche, il Pubblico Ministero reggiano titolare dello stesso fascicolo, in ragione della stretta connessione con questo capoluogo.

La paziente attività di analisi e valorizzazione di dati già emersi in altri procedimenti penali da parte degli investigatori della Squadra Mobile, poi, consentiva di ricostruire, sin dall’anno 2015, la presenza ed operatività, in Reggio Emilia, della mafia nigeriana.

Venivano raccolti indizi di colpevolezza in ordine a numerosi e gravi reati consumati in Reggio Emilia, il cui movente era da attribuire a contrasti tra Cults; a titolo di esempio, nell’anno 2015, una violentissima rissa scoppiata all’esterno della stazione ferroviaria reggiana e, in successione, altri cruenti analoghi fatti, verificatisi negli anni seguenti, che avevano suscitato notevole allarme sociale,  con scontri tra opposte fazioni, a causa dei quali i protagonisti avevano subito gravi lesioni e reati contro il patrimonio, accaduti presso il complesso industriale dismesso delle ex officine Reggiane.

Così il Questore di Reggio Emilia:

L’impegno nella lotta alla criminalità organizzata da parte della Polizia di Stato, con il puntuale coordinamento della DDA della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, è improntato, in provincia di Reggio Emilia, ad una costante e metodica opera di analisi e contrasto, che non trascura nuove insidie e, quindi, nuove sfide investigative.

L’operazione odierna, al di là delle responsabilità individuali che andranno accertate nelle sedi opportune, testimonia uno sforzo, sempre teso a “leggere” il contesto criminale emergente dal territorio.

Anche in questo caso, è stato rilevato un possibile rischio di infiltrazione e radicamento delle associazioni a delinquere di stampo mafioso, in particolare in un zona molto sensibile della città, sottoposta a continui controlli, quale quella della stazione ferroviaria storica e delle ex officine Reggiane e per tanto, di concerto con l’Autorità Giudiziaria, Circondariale e Distrettuale, la Questura si è mossa secondo un duplice binario, perseguendo un primo obiettivo, di breve — medio periodo, ovvero quello di monitorare e reprimere, con arresti in flagranza ed esecuzioni di misure emesse per reati fine, la criminalità di matrice nigeriana, onde evitarne il radicamento; ed un secondo obiettivo strategico, ovvero quello di ricostruire, pazientemente, l’organizzazione criminale nigeriana, al fine di documentarne l’operatività e la struttura, che il Giudice per le Indagini Preliminari, allo stato in via cautelare, ha ritenuto avere i connotati della associazione a delinquere di stampo mafioso.

Il fatto che numerosi soggetti sottoposti ad indagine non siano più domiciliati in territorio reggiano e si siano spostati altrove, rappresenta, di per sé, un dato confortante, perché significa che l’attività di controllo e repressione sinora esperita dalla Polizia di Stato, anche grazie alla liberazione delle ex officine Reggiane, ha evitato il pericoloso radicamento della consorteria nigeriana nel tessuto locale.

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[1] In sede di udienza di convalida avanti al GIP il PM ha proceduto, secondo una strategia investigativa proposta dalla Squadra Mobile, alla contestazione, anche, dei pregressi reati di traffico di stupefacente emergenti dalle captazioni.