Rincari energetici e delle materie prime, conseguenze della guerra in Ucraina: il settore ceramico rischia la tempesta perfetta. È uno dei più energivori dell’industria italiana e continua a lavorare in perdita per non fermare la produzione. Cosa succederà dopo l’estate nel distretto di Sassuolo-Scandiano, che rappresenta l’85-90% della produzione ceramica italiana e occupa 15 mila addetti (senza contare l’indotto)?

«Non possiamo andare avanti così ancora a lungo, produrre per perdere soldi non ha senso – dichiara all’Agi Massimo Muratori, segretario generale del sindacato ceramisti Femca Cisl Emilia Centrale – Del resto se non lo fai perdi quote di mercato e non le recuperi, perché il resto del mondo non è fermo. Siccome la ceramica italiana è già pesantemente attaccata dalla concorrenza spagnola e turca, se si ferma adesso rischia di non riprendersi più».

In effetti ordini e spedizioni viaggiano a pieno ritmo, ma c’è l’incognita del rientro dalle ferie, soprattutto se non si riesce a reperire la materia prima.

«C’è preoccupazione, il settore risente di una serie di fattori che sono messi in fila proprio come una tempesta perfetta – afferma Muratori – I problemi sono iniziati l’anno scorso con gli aumenti dei costi delle materie prime, poi c’è stata la speculazione sul costo dell’energia e l’esplosione dei costi del gas avvenuta quando la guerra non era ancora iniziata, quindi per altri fattori, ma che ha inciso pesantemente sulle aziende.

A inizio anno c’è stato un momento di grande panico – continua il sindacalista dei ceramisti Cisl – Ci siamo attivati presso il Mise (Ministero per lo sviluppo economico) per capire come affrontare la situazione: il rischio era dover fermare le aziende nel momento di massima domanda dal mercato».

Infatti tra gennaio e febbraio diverse imprese hanno chiesto la cassa integrazione straordinaria fino alla fine dell’anno, ottenuta dal ministero con una causale ad hoc: hanno fermato gli impianti per un po’, ma poiché il costo del gas si è abbassato, ora producono in perdita.

«È una perdita che potremmo definire “contenuta” rispetto a prima. Le imprese producono lo stesso – spiega Muratori – perché devono fornire i clienti, i quali riempiono i magazzini per il timore che a un certo punto il settore si fermi e non si riesca più a trovare il materiale. Prevediamo che nel  giro di tre/quattro mesi la domanda di piastrelle cali e che in autunno ci sia un forte rallentamento, oltre a un nuovo rincaro del gas».

Su 130 aziende del distretto ceramico di Sassuolo, sono trenta/quaranta quelle che rischiano di più, a cause delle ridotte dimensioni.

«Le grandi aziende hanno le spalle più larghe e possono reggere l’urto, mentre le aziende medio-piccole fanno molta più fatica – conferma il sindacalista dei ceramisti Cisl –

Per produrre le piastrelle le aziende usano forni che lavorano a oltre mille gradi 24 ore al giorno e consumano gas metano. Siamo nel pieno della transizione energetica, ma a oggi non c’è ancora un’alternativa al metano nel settore ceramico. L’unico aspetto positivo è che la preoccupazione di “restare a piedi” sta accelerando gli studi verso soluzioni energetiche alternative.

In questo senso guardiamo con interesse  al progetto di Iris Group per la produzione di idrogeno verde per capire se davvero rappresenti il futuro per il distretto.

Nel caso – conclude Massimo Muratori, segretario generale della Femca Cisl Emilia Centrale – andrebbero progettati dei veri e propri hub per la produzione di idrogeno verde che possano fornire il territorio e non solo la singola azienda».