Le acque hanno invaso campi coltivati e frutteti nelle zone teatro di tracimazioni e rotture di argini: nel Bolognese (Idice); tra Imola, Conselice e Massa Lombarda (Sillaro) e nel Faentino (Senio e Sintria; Lamone e Marzeno). È andato in tilt anche il nodo idraulico di Bomporto (Mo).

I danni a coltivazioni e strutture sono ingenti, si calcola approssimativamente una perdita di produzione del 70-80% nell’area colpita dall’evento calamitoso, senza contare le piante frutticole e le viti che rischiano di morire per asfissia radicale o ristagno idrico.

Sono finite sott’acqua aziende agricole e zootecniche, le colture del territorio (cereali, mais, soia, girasole, erba medica, barbabietola da zucchero, cipolle, patate e pomodoro da industria), serre, allevamenti di suini e pollame, ma anche magazzini, attrezzature ed edifici rurali.

È completamente compromessa la produzione 2023 di grano, nella delicata fase della spigatura, ma anche quella dell’orzo: colture che non possono essere riseminate in questo periodo dell’anno. Si prevendono ulteriori costi per chi dovrà invece approntare nuove semine di mais, girasole, colza e soia.

L’Emilia-Romagna è la regione più esposta agli eventi alluvionali con il 47,3% del territorio a rischio (fonte dati Ispra 2021). Il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Marcello Bonvicini, sottolinea «la necessità di accelerare gli investimenti previsti dal PNRR in regione per la messa in sicurezza del territorio che è a rischio idrogeologico e idraulico, tra cui: rifacimento degli argini, mitigazione e consolidamento dei movimenti franosi nel piacentino, nel reggiano e nel bolognese come pure la costruzione di opere per ridurre il rischio alluvione nel parmense e nel modenese».

Gelate primaverili, grandine e inondazioni hanno ridotto drasticamente alcune produzioni regionali, occorrono strumenti innovativi che sappiano garantire alle imprese reddito e raccolto. «Serve un sistema in grado di tutelare l’agricoltura», è la conclusione del presidente regionale di Confagricoltura.