Ha una decisa impronta femminile lo sviluppo del sistema imprenditoriale che fa capo a Confcooperative Terre d’Emilia.

Nelle 620 imprese associate all’organizzazione, infatti, in un anno è aumentata dell’1% l’occupazione maschile, mentre il numero delle donne lavoratrici è cresciuto dell’1,8%, portando al 60,3% la quota dell’occupazione femminile sul totale dei 47.000 lavoratori.

I dati sono emersi dal convegno su “Parità di genere: motore di sviluppo economico” organizzato dalla centrale cooperativa (presente l’assessora comunale Annalisa Rabitti e la presidente della Commissione Parità della Regione, Elena Carletti) per approfondire gli effetti che una reale parità di genere potrebbe avere sulla crescita economica, ma anche per verificare – a pochi giorni dall’ottenimento della certificazione proprio sulla parità di genere da parte dell’associazione – il posizionamento del sistema cooperativo in materia di gender equality.

“Un’analisi molto concreta – sottolinea il presidente di Confcooperative Terre d’Emilia, Matteo Caramaschi –  che ha come sfondo i dati che indicano una possibile crescita del Pil italiano dell’11% con una effettiva parità di trattamento nelle imprese e una maggiore produttività (+25%) per le aziende più virtuose, oggi più premiate anche sui bandi pubblici, nelle gare d’appalto e sul versante fiscale”. “Da qui, dunque – prosegue Caramaschi – una riflessione che diventa stimolo all’adozione di politiche imprenditoriali che accelerino e irrobustiscano i percorsi verso una parità di genere attorno alla quale abbiamo attivato, come sistema, specifici strumenti di consulenza e di servizio a sostegno dei percorsi che possono portare alla certificazione”.

La realtà (con i dati forniti da Pierpaolo Prandi, responsabile dell’Area statistica-economica e ricerche di mercato di Confcooperative/Fondosviluppo), intanto, parla di un sistema cooperativo in cui la presenza femminile aumenta per tutte le qualifiche professionali, incluse quelle ancora generalmente segnate da una modestissima presenza di donne. Emblematico, al proposito, il caso della qualifica di dirigente, che in un anno ha visto passare dal 5 al 9,5% la quota femminile; in aumento (dal 38,3 al 39,7%) anche la quota delle donne tra i “quadri” delle imprese, mentre rimane stabile (oltre il 73%) l’incidenza dell’occupazione femminile tra gli impiegati e sale leggermente (dal 45 al 45,4%) tra gli operai.

La cooperazione al femminile non cresce, comunque, soltanto a livello occupazionale; la quota delle cooperative femminili, infatti, è salita al 36,7% del totale nel sistema Confcooperative, che si posiziona, così, di 15 punti al di sopra della media delle imprese italiane.

Contemporaneamente, le socie sono salite al 42% sul totale e le cooperative presiedute da donne rappresentano il 27,2% (il 34,5% tra quelle giovanili), contro un valore che è meno della metà (13,1%) tra le Spa. Una spinta, quella che viene dalle donne, che è evidente anche sulla nascita di nuove imprese.

Buoni valori, dunque, per una cooperazione che presenta un numero crescente di imprese certificate sulla parità di genere, ma che deve anch’essa superare quel gap di genere che, seppure in misura meno evidente che in altre forme d’impresa, si sconta soprattutto sulle opportunità di carriera e sulle retribuzioni, con forme di integrazione salariale e benefit che riguardano ancora, in larga prevalenza, il genere maschile.

Il risultato è che, ad esempio, pur rappresentando il 9,5% fra i dirigenti, le donne scendono all’8,7% sul totale delle retribuzioni legate all’inquadramento, con un gap ancora più rilevante nella qualifiche impiegatizie; qui, infatti, la quota del lavoro femminile è al 73,7%, ma la quota delle retribuzioni scende al 69,7% sul totale.

“Possiamo e dobbiamo fare di più”,  ha osservato il presidente di Confcooperative Terre d’Emilia, Matteo Caramaschi; le buone pratiche e gli esempi virtuosi anche in termini di welfare aziendale (alcuni dei quali presentati in convegno) non mancano, “e siamo convinti – ha concluso – che la gender equality non sia solo questione di giustizia ed equità, ma davvero uno strumento essenziale per uno sviluppo sostenibile”.