Il Vera C. Rubin Observatory, uno dei progetti più ambiziosi dell’astrofisica contemporanea, ha svelato dopo due anni di attesa le sue prime immagini. Basato in Cile e dotato del telescopio più innovativo al mondo, con uno specchio primario da 8,4 metri di diametro, rivoluzionerà il nostro modo di osservare il cosmo. Il DIFA Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna ha giocato un ruolo chiave in questa impresa internazionale.

Il Rubin Observatory ospita la più grande fotocamera digitale del mondo, LSSTCam, con oltre 3,2 gigapixel. Ha il campo visivo più ampio mai raggiunto da un telescopio terrestre. Integra in un unico blocco di vetro lo specchio primario e quello terziario, un unicum nella progettazione ottica.

“Le prime immagini parlano chiaro: in poco più di dieci ore sono stati scoperti quasi 2mila nuovi asteroidi. E questo è solo un assaggio del potenziale straordinario del Rubin” – commenta Alessio Taranto, dottorando coinvolto nel progetto.

Una volta a regime, il telescopio effettuerà una scansione completa del cielo australe ogni tre notti, per un periodo di dieci anni, generando una sorta di “film” del cielo. L’obiettivo non è semplicemente osservare singoli oggetti, ma monitorare l’evoluzione dell’universo, aprendo una nuova frontiera nello studio della cosmologia, della materia oscura, della variabilità celeste e dell’esplorazione del Sistema Solare.

Grazie alla collaborazione con il team di INAF – Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello Spazio di Bologna guidato da Gabriele Rodeghiero, ricercatrici e ricercatori, dottorande e dottorandi del DIFA hanno partecipato attivamente alle fasi cruciali di verifica e commissioning del telescopio.

“Siamo attivi da circa tre anni – continua Alessio Taranto– e il nostro contributo si è evoluto nel tempo, passando da attività ingegneristiche alla caratterizzazione scientifica del sistema ottico del telescopio”.

Il team ha infatti avuto come primo incarico la verifica di funzionamento della cella che contiene lo specchio secondario, attualmente il più grande al mondo. Sono stati testati sensori di temperatura, posizione e deformazione, per assicurare il corretto funzionamento di una componente essenziale del sistema ottico.

L’attenzione si è poi spostata sulla verifica dei requisiti del sistema di ottica attiva, responsabile di mantenere il telescopio a fuoco durante l’osservazione notturna per ottimizzare la qualità delle immagini. Grazie al commissioning della camera di test, installata a ottobre dello scorso anno, è stato possibile avviare test dettagliati per valutare le prestazioni del sistema.

Il focus del DIFA è ora sulle cosiddette “stray lights”, le luci parassite che interferiscono con la qualità delle immagini della camera scientifica LSSTCam, causate da stelle brillanti fuori dal campo di vista della camera. Combinando competenze in ottica e image analysis, ricercatrici e ricercatori hanno condotto osservazioni mirate per identificarne l’origine e proporre soluzioni. L’attività ha visto l’Università di Bologna assumere una posizione di leadership scientifica all’interno della collaborazione internazionale.

Assieme ad Alessio Taranto, ha contribuito al progetto, con il proprio lavoro di dottorato al DIFA, anche Luca Rosignoli, mentre il ricercatore Gabriele Umbriaco ha avuto un ruolo determinante nel training di dottorandi e dottorande con attività strumentali e laboratoriali in preparazione alle trasferte presso l’Osservatorio Vera Rubin.

“Questo telescopio contribuirà a rivoluzionare l’astronomia, ma anche il modo stesso in cui si fa astronomia Ogni numero associato al Rubin Observatory sembra esagerato, quasi surreale: osserverà miliardi di stelle nella nostra galassia e miliardi di galassie lontane, censirà milioni di oggetti nel Sistema Solare e genererà milioni di segnalazioni di eventi transienti ogni notte. Difficilmente la comunità scientifica oggi può immaginare a pieno il potenziale che una facility di questo tipo porterà all’astrofisica – commenta Luca Rosignoli – Da giovane ricercatore, posso solo dire quanto sia stato formativo e stimolante far parte di questo progetto. Il DIFA e INAF mi hanno dato l’opportunità di entrare nel mondo Rubin: un ambiente internazionale, organizzato e umano allo stesso tempo, che arricchisce sia dal punto di vista tecnico che personale.”

Il contributo del Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” conferma la centralità dell’Università di Bologna nei grandi progetti di astrofisica contemporanea internazionale.