Il Tribunale di Bologna, con la sentenza n. 1902/2025 pubblicata il 22 luglio, ha accolto il ricorso presentato da un cittadino gambiano, riconoscendo il carattere discriminatorio dell’esclusione subita nella graduatoria per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica (ERP), a causa della sua condizione di disoccupazione al momento della verifica dei requisiti.
L’uomo, titolare di un permesso di soggiorno biennale per motivi di lavoro, era stato escluso nonostante avesse i requisiti di permanenza regolare sul territorio e avesse nel frattempo intrapreso un percorso universitario. Tale esclusione era stata disposta in base alla delibera regionale n. 154/2018, che recepisce l’articolo 40, comma 6, del Testo Unico sull’Immigrazione (d.lgs. 286/98), il quale impone un requisito ulteriore solo per le persone di origine non comunitaria: l’esercizio di una regolare attività lavorativa in corso, non richiesto invece ai cittadini italiani.
Il caso era stato segnalato allo Sportello Antidiscriminazioni (SPAD) del Comune di Bologna, attivo presso il Centro Interculturale Zonarelli, che ha svolto un ruolo fondamentale nella presa in carico e nella trasmissione della segnalazione all’ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione – che ha seguito il ricorso in giudizio.
Il Tribunale ha accolto pienamente il ricorso, riconoscendo la violazione del principio di parità previsto dalla direttiva europea 2011/98/UE e ordinando non solo il reinserimento del ricorrente nella graduatoria, ma anche che il Comune di Bologna e ACER si astengano dal prevedere, nei prossimi bandi ERP e in quelli già emessi ma non ancora definiti, il requisito discriminatorio dell’attività lavorativa in corso per i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea.
Questa la dichiarazione della vicesindaca di Bologna Emily Clancy:
“Questa sentenza rappresenta un passaggio fondamentale per l’affermazione del principio di parità di trattamento e per correggere un’ingiustizia che colpisce tante persone straniere nella nostra regione. Come Comune accogliamo con favore la decisione del Tribunale di Bologna e siamo orgogliosi del ruolo svolto dallo SPAD, che ha intercettato il caso e ha agito in rete con le organizzazioni competenti.
È importante chiarire che l’origine di questa discriminazione non è in una scelta del Comune, ma in una norma nazionale — l’articolo 40, comma 6 del Testo Unico sull’Immigrazione — che impone requisiti più rigidi solo alle persone straniere, e che le Regioni sono state costrette a recepire nei propri bandi. Come Comune, da anni ci barcameniamo tra norme che non condividiamo e che ci mettono in contraddizione con i nostri stessi principi costituzionali e con il diritto europeo.
Per questo ho già sentito l’assessore regionale Giovanni Paglia e insieme ci faremo parte attiva per promuovere la modifica di questa normativa a livello nazionale e per adeguare la legislazione regionale nel senso indicato dal Tribunale. Non è possibile che nel 2025 una persona possa essere esclusa da un diritto fondamentale come l’accesso alla casa pubblica solo in base alla nazionalità e alla condizione lavorativa, soprattutto quando si trova in una situazione di vulnerabilità.
Il Comune di Bologna continuerà a essere in prima linea contro ogni forma di discriminazione, a partire da quelle più strutturali e meno visibili, e a tutelare il diritto all’abitare per tutte e tutti”.
Il Comune di Bologna, attraverso lo SPAD e in collaborazione con la rete di enti del terzo settore, continuerà a lavorare per l’emersione di situazioni di disuguaglianza e per l’effettiva tutela dei diritti fondamentali, affinché l’accesso alla casa sia realmente universale, equo e non discriminatorio.