«Con la firma dell’ordine esecutivo da parte di Trump sembra ormai chiaro che il dazio sul Parmigiano Reggiano si attesterà al 15% e che si tratta di un dazio sostitutivo e non aggiuntivo rispetto a quanto già grava sul nostro prodotto. Ricordiamo che dagli anni ’60 il Parmigiano Reggiano paga un dazio del 15% e che, dall’aprile 2025, a questo, si è aggiunto un ulteriore 10% portando il dazio al 25%. Dal prossimo 7 agosto torneremmo pertanto a un 15% all-inclusive».

«Pur riconoscendo che la tariffa è migliorativa, ritengo che qualsiasi barriera al libero commercio rappresenti un limite ingiusto alla crescita e alla cooperazione economica. Il libero commercio è da sempre una forza positiva: favorisce l’innovazione, la concorrenza, la scelta consapevole dei consumatori e il dialogo tra nazioni. Come abbiamo più volte sottolineato, la nostra Dop non è in reale concorrenza con i parmesan americani, dato che copre meno dell’8% del mercato dei formaggi duri e viene venduto a un prezzo più che doppio rispetto al formaggio prodotto dai farmer americani. Negli USA chi lo compra fa una scelta consapevole: ha infatti un 92% di mercato di alternative che costano molto meno. Imporre dazi su un prodotto come il Parmigiano Reggiano aumenta solo il prezzo per i consumatori americani, senza proteggere realmente i produttori locali: è pertanto una scelta che danneggia tutti. Inoltre, nonostante non sia previsto un incremento dei dazi, ai livelli attuali, il prezzo reale per il consumatore americano entro i primi mesi del 2026 subirà inevitabilmente un’ulteriore crescita, poiché si riverseranno sul consumo sia i rilevanti aumenti registrati all’origine, sia l’effetto moltiplicatore del cambio dollaro/euro, superando ampiamente i 55 dollari al kg».

Così Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano. Ricordiamo che per il Parmigiano Reggiano gli USA sono il primo mercato estero pari al 22,5% della quota export totale: nel 2024 sono state esportate oltre 16.000 tonnellate, con un aumento del +13,4% sul 2023.