Uno dei giovani partecipanti all’esperimento

“Ehi, dove vai tutta sola? Perché non mi fai un bel sorriso?” Tante donne e ragazze sanno bene, purtroppo, cosa significa essere vittime di molestie verbali. Ne conoscono il peso emotivo e mentale. Ma gli uomini invece? Cosa proverebbero se fossero loro nei panni delle donne molestate?

Un gruppo di studiose e studiosi dell’Università di Bologna, dell’Università di Messina e del CNR-ISTC (Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione) ha utilizzato la realtà virtuale per fare interpretare a un campione di giovani uomini un avatar femminile vittima di molestie verbali. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Scientific Reports.

“Abbiamo sfruttato tecnologie immersive di realtà virtuale per far vivere ai partecipanti un’esperienza diretta di catcalling in uno scenario di vita quotidiana”, spiega Chiara Lucifora, ricercatrice al Dipartimento di Filosofia dell’Università di Bologna e prima autrice dello studio. “I risultati mostrano che subire questa esperienza provoca forti emozioni di rabbia e disgusto, strettamente collegate alla disapprovazione morale”.

L’indagine ha coinvolto 36 giovani uomini, con un’età media di 23 anni, sottoposti a uno scenario di realtà virtuale in cui interpretavano i panni di una giovane ragazza. In una prima scena, l’avatar femminile si trovava nella sua camera, davanti a uno specchio, intenta a prepararsi per andare a una festa. Nella seconda scena, la ragazza arrivava invece in una stazione della metropolitana, dove alcuni personaggi maschili interagivano con lei.

In metà dei casi, le interazioni erano semplici richieste come “Scusa, che ore sono?” oppure “Sai a che ora arriva la metro?” Per l’altra metà del campione, invece, i personaggi maschili si rivolgevano alla ragazza con commenti molesti come “Ehi, dove vai tutta sola?” oppure “Ehi, perché non mi fai un bel sorriso?”

Disgusto e rabbia sono le principali emozioni emerse nei partecipanti il cui avatar femminile ha subito le molestie verbali. Un tipo di reazione che, sottolineano gli studiosi, mostra la capacità di mettersi nei panni della vittima e indica disapprovazione morale per il comportamento vissuto.

“Il disgusto è un’emozione chiave che spinge al rifiuto di comportamenti percepiti come violenti o degradanti, mentre la rabbia può essere vista come una spinta verso il cambiamento di situazioni percepite come sbagliate”, conferma Lucifora. “L’esperienza di queste emozioni può portare quindi a una maggiore sensibilità dal punto di vista morale, mostrando in modo più chiaro il disvalore dei comportamenti violenti”.

Solo uno dei 18 giovani uomini che hanno interpretato l’avatar femminile oggetto di molestie ha reagito rispondendo in modo aggressivo al catcalling dei personaggi maschili. Un altro partecipante ha detto invece che avrebbe reagito se si fosse trovato nei panni di un uomo, ma poiché interpretava un personaggio femminile ha preferito allontanarsi.

Un altro elemento di interesse emerso, infatti, è quello legato alla paura. Il gruppo che ha subito le molestie verbali ha riportato un livello di paura simile a quello dei soggetti che non hanno vissuto lo scenario del catcalling. Questo dato, suggeriscono gli studiosi, potrebbe indicare come sia sufficiente fare esperienza della situazione di partenza – una ragazza sola, di sera, in una stazione della metropolitana – per generare, anche tra gli uomini, una sensazione di paura.

“Tutti questi risultati mostrano come la realtà virtuale possa essere uno strumento efficace per aumentare la sensibilità emotiva sia in contesti clinici che in ambienti educativi”, dice in conclusione Lucifora. “In campo clinico, questa tecnica potrebbe essere utilizzata per aumentare il livello di empatia e consapevolezza emotiva nelle persone che compiono molestie, mentre in contesti educativi potrebbe essere utilizzata per mostrare l’impatto negativo delle molestie, offrendo alle persone la possibilità di provare in prima persona il disagio emotivo causato da questi comportamenti”.

Lo studio, intitolato “Virtual embodiment increases male sensitivity to catcalling experiences” è stato pubblicato su Scientific Reports. Per l’Università di Bologna hanno partecipato Chiara Lucifora, Aldo Gangemi, Chiara Pia Miglietta e Claudia Scorolli del Dipartimento di Filosofia.