Un farmaco di nuova generazione, capace di colpire in modo selettivo le cellule tumorali. Lo ha testato con successo, su modelli animali, un gruppo di ricerca internazionale che ha coinvolto anche studiosi dell’Università di Bologna e dell’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola. Gli esiti – pubblicati sulla rivista Nature Communications – mostrano una completa regressione della malattia sia in modelli animali di neuroblastoma e rabdomiosarcoma, due tumori rari infantili, sia nel tumore del colon.

“Questi risultati aprono la strada a nuovi studi clinici, con l’obiettivo di sviluppare terapie di nuova generazione, più mirate ed efficaci, capaci di sconfiggere tumori rari e ancora resistenti ai trattamenti attualmente disponibili”, spiega Mattia Lauriola, professoressa di Istologia al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna, tra gli autori dello studio.

Gli anticorpi coniugati rappresentano una delle più avanzate frontiere della ricerca nell’ambito dell’oncologia di precisione. Si tratta di agenti in grado di combinare la selettività degli anticorpi con la tossicità mirata di una molecola chemioterapica, che viene veicolata esclusivamente verso la cellula tumorale riconosciuta dall’anticorpo.

In questo modo, il farmaco riesce a individuare, raggiungere e colpire solo le cellule malate, risparmiando quelle sane. Utilizzando questa strategia, nei modelli animali si è osservata una regressione completa del tumore, che si è mantenuta anche dopo la conclusione della terapia.

Guidati da studiosi del Children’s Hospital di Philadelphia, i ricercatori si sono concentrati su un bersaglio specifico: un recettore noto come ALK. In diverse forme tumorali, questa proteina si trova in grandi quantità sulla superficie delle cellule malate, mentre la sua presenza è limitata nelle cellule sane. Questa sua caratteristica la rende un target ideale per le terapie mirate.

L’anticorpo-coniugato testato dagli studiosi è stato quindi sviluppato specificamente per riconoscere il recettore ALK e veicolare la molecola chemioterapica esclusivamente nelle cellule che lo esprimono.

“Le nostre analisi hanno confermato che la proteina ALK è un target molto promettente per contrastare diverse forme tumorali, incluso il cancro del colon”, dice Martina Mazzeschi, ricercatrice all’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola. “Se infatti, nei modelli di neuroblastoma ALK era già un target noto, le ricerche condotte negli ultimi cinque anni ci suggeriscono la presenza di ALK anche in alcuni sottotipi di tumori del colon”.

Sia i test in vitro che quelli in vivo hanno quindi mostrato come il farmaco-coniugato diretto contro ALK possa avere un impatto sia in modelli di neuroblastoma e rabdomiosarcoma, che nel tumore del colon. Un risultato particolarmente rilevante se consideriamo che il tumore del colon è, per incidenza in entrambi i sessi, la seconda neoplasia più diagnosticata in Italia, con circa 50.000 nuovi casi ogni anno.

“Siamo al lavoro per continuare a ottimizzare l’identificazione di nuovi bersagli, suscettibili all’azione degli anticorpi-coniugati in modo da ampliare il numero di tumori solidi che possono essere trattati e mitigare allo stesso tempo i meccanismi di resistenza all’azione del farmaco”, aggiunge Lauriola. “La speranza è che questa ‘chemioterapia di precisione’ possa arrivare a sostituire, quando possibile, le forme tradizionali di chemioterapia”.

Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications con il titolo “A humanized anaplastic lymphoma kinase (ALK)-directed antibody-drug conjugate with pyrrolobenzodiazepine payload demonstrates efficacy in ALK-expressing cancers”. Per l’Università di Bologna e l’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola hanno partecipato Mattia Lauriola e Martina Mazzeschi.