Era stato licenziato in tronco soltanto perché “colpevole” di avere lamentato al datore di lavoro di essere denigrato e vessato in ufficio dai suoi superiori.


A.S., ex funzionario commerciale della Artoni Trasporti Spa di Campogalliano, importante azienda di spedizioni con sede legale a Guastalla, sta conducendo dal febbraio del 2003 una coraggiosa battaglia per vedere riconosciuti i suoi diritti, che ancora non si è del tutto
conclusa.
Da allora, infatti, non solo ha subito il licenziamento ingiustificato, ma ben 4 denunce penali per diffamazione da parte dei superiori e del presidente di Artoni Spa, e sempre gli stessi superiori hanno intentato 3 cause civili per danni all’immagine che sarebbero derivati loro dalle
lamentele dell’impiegato.

Assistito dalla Cgil di Modena e dallo studio legale Fiorini & Bova, l’impiegato – che prima delle denunce di mobbing era stato giudicato
dall’azienda competente e valido agente commerciale anche per gli ottimi risultati di vendita conseguiti – ha fatto ricorso contro il licenziamento e il giudice del lavoro del Tribunale di Modena, Guido Stanzani, lo ha accolto nel febbraio 2004, stabilendo l’illegittimità del licenziamento e disponendo contestualmente il reintegro sul posto di lavoro, condannando
l’azienda a risarcirgli il danno e al pagamento delle spese processuali.
La sentenza, richiamata anche in svariate riviste scientifiche per l’interesse del caso, stabilisce un principio sacrosanto di civiltà giuridica: non può essere licenziato chi esercita nelle forme legittime un diritto di lamentela sulle condizioni del proprio lavoro. Il dipendente
aveva infatti correttamente espresso le sue lamentele attraverso tre comunicazioni scritte ufficiali (una al presidente, e due successive
vertenziali all’azienda e alla Direzione provinciale del Lavoro), con cui denunciava di essere ostacolato dal capo area e da due colleghi, attraverso ordini contradditori, derisioni e denigrazioni del proprio modo di fare,
esclusioni da riunioni di lavoro.
Il giudice ha perciò stabilito che le lamentale di subire mobbing espresse in forme corrette non possono giustificare licenziamento, altrimenti si
impedirebbe al dipendente l’esercizio dei propri diritti.

Sempre per le stesse ragioni, sono stati archiviati dal giudice nel 2005-2006 anche i procedimenti penali derivati da ben 4 denunce di datore e superiori, che si erano sentiti offesi da un lamentela ufficiale sul mal funzionamento dell’ufficio.
Nonostante queste vittorie giudiziarie, per A.S. non è ancora finita. Non basta essere stato sotto processo due anni, aver subito danni di immagine,
perso nuove e più vantaggiose occasioni di lavoro, esser stato additato e guardato con sospetto da diversi operatori del settore trasporti e da alcuni colleghi (pur sempre di denuncia penale si è trattato!).

Oggi, nel 2008, l’impiegato è costretto a sopportare altri processi, perché sono ancora i corso le tre cause civili parallele, promosse sempre dai superiori per le stesse strumentali e inutili ragioni per cui erano state mosse le
denunce penali.
Lascia perplessi e indignati che un dipendente – benché stia uscendo vittorioso su ogni fronte – per essersi permesso di instaurare, nelle forme
legittime e previste dalla legge, una vertenza di lavoro, sia stato sottoposto ad un vero e proprio attacco concentrico di tutti i superiori e
sia costretto a subire il peso incalcolabile di tanti processi.

(Ufficio Vertenze Cgil Modena)