ph: Chiara Ferrin

Camminare nella notte come atto che intreccia arte e comunità, esperienza collettiva, per perdersi e orientarsi, affidandosi alla forza del passo condiviso.
Nella notte tra sabato 13 e domenica 14 settembre il Teatro dei Venti ha compiuto un attraversamento urbano, poetico e partecipato, che si è snodato in due percorsi, toccando luoghi simbolo delle città. Una creazione del Teatro dei Venti, Marco Adda, Ivana Bettoni, Francesco Chiantese, Sabino Civilleri, Giulio Costa (Ferrara OFF), Azzurra D’Agostino, Fabio Dorini (Teatro Magro), Stefania Minciullo, Kasia Pieniawska e Diego Pileggi (Jubilo Foundation), Beatrice Pizzardo, Francesco Rovito (delleAli Teatro), Martina Storani. Ideazione e organizzazione Teatro dei Venti, con il contributo del Comune di Modena.

Per una precisa scelta drammaturgica i percorsi e la loro lunghezza non sono stati svelati in anticipo. Un camminare verso l’alba, che ha coinvolto oltre 100 cittadini e cittadine di diverse fasce d’età, i quali hanno scelto di aderire nonostante il rischio pioggia e le richieste che li impegnavano nella ricerca di oggetti ed equipaggiamento. A ciascun partecipante è stato chiesto di portare alcune cose utili ad affrontare il viaggio, tra le quali un quaderno con fogli estraibili, penna o matita, torcia, borraccia, tazza, coperta per sedersi o sdraiarsi a terra, impermeabile in caso di pioggia. Perché la pioggia era stata messa in conto e aveva fatto temere in un calo dell’adesione. Invece il pubblico ha accettato di partecipare comunque, di mettersi in gioco sfidando in qualche modo l’ignoto. Ai camminatori è stato chiesto inoltre di portare sei oggetti da lasciare, come doni, nei diversi luoghi attraversati: un oggetto per la cura di una donna; uno per la speranza; uno per la lotta; uno per l’infanzia; uno per un passante di domani; uno per l’addio. In qualsiasi momento del percorso i partecipanti potevano abbandonare il viaggio e chiedere di essere accompagnati al punto di partenza.

LA PARTENZA E IL TRAGITTO

Il viaggio è iniziato intorno alle 23.45 partendo dalla sede del Teatro in via San Giovanni Bosco, dopo un’accoglienza in cui sono stati ritirati i telefoni cellulari e gli orologi, un’apparente privazione della libertà che ha concesso la libertà di camminare in un pieno ascolto. L’avvio e il viaggio sono stati scanditi dalle parole di Azzurra D’Agostino che, con Francesco Chiantese e Martina Storani, ha curato i testi. “Se mi metto in cammino / il mio corpo si fa testimone / del paesaggio che attraversa / di quello che si vede mentre passiamo / noi, che non facciamo altro che passare”. Il gruppo si è diretto poi al Policlinico di Modena, dove una delegazione è salita fino al reparto pediatria a lasciare i doni portati per i piccoli pazienti. Un momento di commozione che rappresenta la cura e il patto tra le generazioni.

Poi il viaggio è proseguito fino al Teatro Storchi, dove il gruppo è potuto entrare grazie alla collaborazione di ERT Emilia Romagna Teatro. “Se mi metto in cammino / è per proteggere il cuore della città / che ha un cuore di assi di legno / che batte di tutto il senso del teatro / che è l’umano intero, il suo corpo la voce il pensiero.” Da Largo Garibaldi si è giunti, percorrendo la Via Emilia, in Piazza Grande. Qui la scelta. Tra un percorso più impegnativo – che ha toccato le Lapidi partigiane della Piazza d’Armi, il Carcere Sant’Anna di Modena, il Cimitero San Cataldo, la Stazione Ferroviaria prima di rientrare in Via San Giovanni Bosco – e uno più breve, ma parimenti intenso a livello emotivo ed esperienziale – dal Sacrario della Ghirlandina, alla Comunità San Filippo Neri per Minori stranieri non accompagnati, ai Giardini Ducali, in camminata solitaria, poi il ritorno alla sede del Teatro dei Venti. Ogni sosta ha accolto un dono, dei versi, o entrambi, per saldare legami invisibili, ma solidi, tra luoghi e persone in cammino: “Per proseguire è necessario lasciare qui l’oggetto per la speranza, per i ragazzi di questa comunità per minori stranieri non accompagnati” è stato detto durante il passaggio alla Comunità San Filippo Neri. Particolarmente toccante la tappa al Cimitero San Cataldo: “Se mi metto in cammino posso incontrare un condominio silenzioso. Piccole dimore chiuse, luci tremule e minuscole finestre dove si affacciano minuscole persone. […] Noi siamo i viandanti, coloro che sono in cammino. Chi ricorderà il nostro passaggio? Se mi metto in cammino, incontro l’ombra di un bambino. Spero che almeno il tempo lo protegga, protegga tutti i bambini.”

La mappa del viaggio, le mappe, una per ogni partecipante, sono state ricomposte alla fine, dopo un tè caldo e una fetta di torta. “Ora, prima di lasciarci, è necessario provare a ripercorrere sul vostro quaderno la mappa del cammino che avete fatto, così come lo ricordate, con un disegno o con le parole.” Le mappe, insieme a un ultimo dono, sono state lasciate sulle sedie, in attesa. “Se mi metto in cammino è per celebrare anche la vita che non ho visto, non vedo, non vedrò. E tra poco, sarà l’alba, di nuovo. Grazie.”