Il Centro di Analisi delle Politiche Pubbliche della Facoltà di Economia “Marco Biagi” dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia con il finanziamento di Comune, Provincia e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, ha messo a punto le prime risultanze emerse dalla seconda Indagine ICESmo, relativa all’analisi delle condizioni economiche e sociali, in particolare della salute, delle famiglie modenesi, proseguendo un approfondito e paziente lavoro iniziato con la prima indagine condotta nel 2002, che per quel tempo costituì un punto di riferimento nel panorama nazionale e locale.

L’indagine è stata disegnata in modo da ottenere stime maggiormente significative. Il campione di famiglie intervistate, sorteggiato casualmente dalle liste anagrafiche di 25 comuni della provincia di Modena, è passato da 1.235 a 2.043 unità. L’indagine, realizzata dalla società R&I, ha prodotto buoni risultati in termini di risposta, grazie anche alla generosa collaborazione delle famiglie e al supporto delle Amministrazioni locali coinvolte.

Il questionario utilizzato per ICESmo2 mantiene la stessa struttura di fondo della precedente indagine, che consente di sfruttare la comparabilità con l’indagine Banca d’Italia sui redditi delle famiglie italiane, ed è stato inoltre arricchito di alcune sezioni per approfondire tematiche relativamente inesplorate (in particolare se le informazioni sono raccolte assieme a quelle sulla condizione economica), quali le condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari, la mobilità territoriale e le opinioni dei cittadini sulle principali dimensioni delle condizioni di vita dei modenesi.

Che cosa è cambiato in questi quattro anni
Dalla prima indagine del 2002 era emerso un importante risultato. La realtà modenese si distingueva, rispetto alla situazione media nazionale e anche rispetto a quella, più omogenea, delle regioni del Nord Est, per la compresenza di due aspetti positivi: per l’elevato reddito medio delle famiglie e una sua distribuzione più egualitaria.
Queste caratteristiche, che avevano indotto ad assimilare il modello modenese ai modelli di welfare scandinavi, erano anche il risultato dell’elevatissima partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Dopo quattro anni, dall’analisi emergono alcuni mutamenti degni di rilievo

Reddito
Se guardiamo al benessere economico delle persone e lo misuriamo con il reddito familiare equivalente, questo è passato da 22.960 € nel 2002 a 24.600 € nel 2006, con un aumento, in termini reali, del 7%, che si stima essere più elevato del 40% rispetto alla media nazionale e del 18% rispetto alla media del Nord Est del paese.
Diseguaglianza
Assieme all’incremento del reddito familiare medio si sono però manifestate significative modificazioni nella sua distribuzione, che è peggiorata. La “torta” è cresciuta un poco (+7%), ma nel 2006 le “fette” sono distribuite tra la popolazione in modo meno uguale rispetto al 2002. Si sono, in particolare, rimpicciolite quelle – già piccole – destinate al 20% più povero delle famiglie; mentre sono aumentate quelle – già grandi – appannaggio del 30% delle famiglie più ricche. Le differenze, rispetto al 2002, non sono enormi, ma la direzione del mutamento è evidente.
L’andamento della diseguaglianza nella provincia di Modena non sembra allineato con quanto osservabile a livello nazionale, ove – almeno fino al 2004 – appare stabile; è invece in linea con le tendenze del Nord Est. Nel complesso la provincia di Modena mantiene tuttavia un livello di diseguaglianza che è significativamente più basso, sia del valore medio nazionale, sia di quello del Nord Est.
Povertà
Quando si guarda all’indice standard di misurazione della povertà relativa, che fissa la linea di povertà al 60% del reddito mediano, l’incremento della percentuale di persone povere che ne risulta (da 13,6% a 15,6%) non è statisticamente significativo. Anche sotto questo profilo la dinamica locale sembra muoversi in linea con quella nazionale. Dal 2002 al 2004 l’indice di povertà aumenta sia a livello nazionale (dal 20,0% al 20,5%) sia nel Nord Est (da 13,8% a 14,6%), ma anche in questo caso le differenze tra i valori del 2002 e quelli del 2004 non sono statisticamente significative.

Altri aspetti significativi
All’interno di questo quadro generale, si segnalano alcuni aspetti di particolare interesse.
Non tutte le tipologie familiari hanno beneficiato della crescita del reddito in modo uniforme. È, ad esempio, diminuito in livello assoluto il reddito familiare equivalente delle famiglie più numerose (da 5 componenti in su) e delle famiglie con capofamiglia giovane (fino a 40 anni); è rimasto costante quello delle famiglie che vivono in affitto. Si tratta di caratteristiche ricorrenti nel profilo della famiglie a rischio di povertà.
Si è sensibilmente modificata la composizione del reddito familiare medio per fonti di reddito (income packaging). È cresciuto il peso dei fitti imputati e dei redditi da lavoro indipendente, in particolare quelli derivanti da fonti secondarie del reddito; è invece calato il contributo dei redditi da attività finanziarie. “Sono segnali, – commenta il prof. Paolo Sivestri, membro del CAPP e docente di Scienza delle Finanze dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – da un lato, di esigenza di integrazione del reddito familiare che non sempre risulta adeguato al livello dei bisogni; dall’altro, riconducibili alla dinamica calante dei tassi e, in parte, all’incremento dell’indebitamento delle famiglie”.
I redditi individuali da lavoro, dipendente e autonomo, sono cresciuti della stessa misura (circa il 7%), come conseguenza di un aumento sia delle remunerazioni orarie sia delle ore lavorate. Nel 2006 in media i modenesi guadagnano 60 centesimi in più all’ora e lavorano quasi 44 ore alla settimana, un’ora in più rispetto al 2002. Un ulteriore segnale di tensione, che potrebbe però andare a detrimento del tempo a disposizione per le attività di cura e per il consolidamento del capitale sociale.
I maggiori incrementi di reddito si sono verificati a favore dei lavoratori più anziani (oltre i 60 anni), che sono anche quelli con titolo di studio medio basso (licenza media e avviamento); non sono invece aumentati i redditi dei giovani fino a 39 anni. “Questa dinamica ha riflessi sulla struttura delle retribuzioni per titolo di studio. A differenza di quanto accade a livello nazionale e nel Nord Est, i redditi dei modenesi, – continua il prof. Massimo Baldini, membro del CAPP e docente di Scienza delle Finanze dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – pur essendo mediamente maggiori per ogni livello di istruzione, sono relativamente meno favorevoli per le persone con titoli di studio più alti (diplomati e laureati), ovvero il è tendenzialmente più basso a Modena ed è ulteriormente diminuito nel 2006”.
Un aspetto sorprendente è la diversa dinamica dei redditi da lavoro per genere. I redditi annuali delle lavoratrici sono in media aumentati del 15%, contro il 4% dei redditi degli uomini. Mentre nel 2002 le donne percepivano un reddito mediamente pari al 73% di quello degli uomini, nel 2006 il differenziale è salito all’81%. L’incremento delle retribuzioni delle donne è stato trainato dall’aumento delle remunerazione orarie, piuttosto che dalle ore lavorate, in particolare da lavoro indipendente. “I dati relativi alla provincia di Modena – afferma il prof. Paolo Silvestri, docente di Scienze delle Finanze all’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – mostrano che l’aumento della diseguaglianza è fondamentalmente attribuibile alle differenze all’interno dei gruppi. Ciò sembrerebbe indicare che il suo aumento è un fenomeno pervasivo, che si manifesta in tutte le principali dimensioni della realtà sociale”.
Le differenze tra gruppi appaiono tuttavia pronunciate con riferimento alla professione del capofamiglia. Tra il 2002 e il 2006 si assiste ad uno spostamento delle famiglie operaie nella parte bassa della distribuzione; dei pensionati verso la parte alta e, infine, ad una polarizzazione dei lavoratori indipendenti che si concentrano maggiormente nei decili estremi.
Le modificazioni intervenute hanno riflessi sulla struttura della povertà. “La povertà relativa – continua il prof. Massimo Baldini – è aumentata per le classi di età più giovani ed è leggermente diminuita per quelle più anziane. Il rischio di cadere in povertà è ulteriormente aumentato per le prime (in particolari se giovani) e si è ridotto per quelle di anziani (sopra i 70 anni). E’ inoltre sensibilmente aumentato per i famigliari di lavoratori indipendenti”.
Negli ultimi quattro anni la provincia si è arricchita di nuovi cittadini, prevalentemente provenienti dal Mezzogiorno e da paesi del Sud del mondo. È alla loro presenza che si deve in misura significativa, anche se non prevalente, il peggioramento degli indicatori di diseguaglianza e povertà registrati tra il 2002 e il 2006. Il tasso di povertà dei “nuovi arrivati” raggiunge il 60% contro il 15-16% del complesso della popolazione. In considerazione del loro minore radicamento, su queste figure particolarmente fragili si dovrà necessariamente concentrare l’attenzione delle politiche pubbliche.
“Da questi primi e provvisori confronti – conclude il prof. Paolo Bosi, Direttore del Centro di Analisi delle Politiche Pubbliche dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – pare confermato un aspetto fondamentale emerso nell’analisi avanzata nel 2002 (ICESmo1): Modena costituisce ancora una felice combinazione di elevato benessere economico e di eguaglianza, anche in termini relativi. La società modenese non è però immune dalla tendenza verso una crescente diseguaglianza che sembra caratterizzare il Nord Est del paese e risente delle conseguenze di una rapida immigrazione e di un mercato che pare premiare in misura minore i più giovani e chi compie più investimento nell’istruzione”.

Il gruppo di lavoro che ha condotto la ricerca è composto da:
Tindara Addabbo, Massimo Baldini, Daniela Bigarelli, Paolo Bosi, Massimo Brunetti, Anita Chiarolanza, Sara Colombini, Giuseppe Fiorani,
Cristina Fregni, Enrico Giovannetti, Maria Cecilia Guerra, Michele Lalla, Daniela Mantovani, Massimo Matteuzzi, Antonella Picchio, Paolo Silvestri,
Giovanni Solinas, Stefano Toso.