Maria-Cecilia-Guerra-2Un insieme articolato di interventi per la ripresa dell’economia e dell’occupazione, ma anche investimenti nel welfare, in particolare nei servizi di cura per bambini e anziani non autosufficienti: la senatrice modenese del Pd Maria Cecilia Guerra è intervenuta oggi in Senato, nel corso del dibattito sulla fiducia al Governo Letta, elencando quelli che sono gli interventi prioritari in grado di centrare i due obiettivi primari per una crescita che possa definirsi “felice”: il lavoro e un welfare universalistico. Ecco il testo completo del discorso pronunciato dalla senatrice Maria Cecilia Guerra:

“Signor presidente, onorevoli senatori, signori ministri,

colgo nella presentazione del presidente del Consiglio due obiettivi primari per una crescita felice:

-Lavoro

-Welfare universalistico

E’ in relazione a questi obiettivi che si devono individuare priorità e strumenti, ed è in questa opera attenta che si può ricostruire la credibilità di una classe politica in grado di ben operare per i propri connazionali.

La ripresa dell’occupazione passa innanzitutto per quella economica che deve essere l’obiettivo principale e che, come è stato sottolineato dal presidente del consiglio, richiede un insieme articolato di interventi.

Ê prima di tutto urgente la definizione di politiche industriali, da troppi anni assenti nel nostro paese. In linea con quanto prevedeva il progetto Industria 2015 dell’allora ministro Bersani, occorre individuare i settori strategici per la crescita del paese e su di essi investire con continuità. Si può così creare fiducia nelle imprese che operano in quei settori, e liberarle da quella incertezza che agisce da freno agli investimenti. Fra i settori strategici vanno sicuramente ricompresi turismo e beni culturali, molto importanti per il sud del paese. Si tratta di settori idonei ad occupare manodopera ad alto livello di istruzione e quindi particolarmente adatti ad attivare quell’occupazione giovanile così preoccupantemente bassa nel nostro paese.

Evitare eccessivi allungamenti dei tempi prima dell’ingresso dei giovani al mercato del lavoro, che hanno conseguenze molto pesanti sia sulle prospettive di carriera che sui progetti di vita, deve essere il primo obiettivo delle politiche del lavoro. Ciò può richiedere anche strumenti eccezionali, che non devono però mai sfociare in quella deregulation che abbiamo conosciuto, e che svilisce il lavoro e il lavoratore.

Il Documento di Economia e Finanza ci dice che uno dei fattori che maggiormente concorre a determinare la diminuzione prevista del Pil dell’1,3% nel 2013 è la caduta della domanda interna. Questa informazione deve guidarci nella scelta degli strumenti di intervento.

Per quanto riguarda in particolare il fisco, è evidente che le tante proposte di riduzione fiscale di cui si parla (Imu, detassazione del lavoro, incentivi di varia natura, IVA, Tares, ecc), non potranno essere attuate tutte e subito. Bisognerà allora dare priorità a quelle che attivano una domanda che altrimenti non potrebbe esprimersi, come sin dall’inizio della crisi suggerisce il Fondo monetario internazionale. Sarà preferibile ridurre la tassazione sui redditi di lavoro medio bassi, e prevenire l’aumento dell’Iva, liberando così domanda di consumo rivolta a beni e servizi nazionali, e favorire misure del tipo credito agli investimenti, specie nelle zone colpite dal terremoto; analogamente, alleggerimenti sui prelievi patrimoniali, del tipo Imu sulla prima casa, andranno studiati prevedendo una riallocazione del gettito sui soggetti a più alto reddito, il cui maggior aggravio più difficilmente si tradurrebbe in minor consumo, e senza creare problemi di finanziamento ai Comuni.

La finalità, sicuramente importante, di ridurre la pressione fiscale (prevista al 44,4% nel 2013, ma che ben sappiamo molto più alta sui redditi dei contribuenti in regola) dovrà essere raggiunta con un rinnovato e finalmente continuativo contrasto all’evasione fiscale. Compito che risulta facilitato dalla sempre maggiore cooperazione internazionale nella lotta ai paradisi fiscali.

Anche investire in welfare, e in particolare in servizi di cura per bambini e anziani non autosufficienti, è un prerequisito non solo per la crescita ma anche per la crescita felice. Investire in servizi di cura risponde infatti ai bisogni delle famiglie. E al tempo stesso favorisce l’occupazione femminile, sia perché permette la conciliazione fra lavoro di mercato e lavoro domestico, sia perché crea posti di lavoro in un settore ad alta intensità di manodopera, specialmente femminile. Investire in servizi è, anche per questo motivo, particolarmente importante al sud, dove particolarmente alte sono la disoccupazione e l’inattività delle donne. (Si è già cominciato a farlo con il piano azione coesione del governo Monti).

L’ultimo “Rapporto sulla stabilità finanziaria” della Banca d’Italia ci dice quanto sia importante garantire alle imprese non solo la quantità, ma anche la qualità del credito, anche per preservare la stabilità del sistema bancario senza ricorso ad aiuti pubblici. Non bastano allora i pure importantissimi strumenti monetari come il fondo di garanzia, e la patrimonializzazione dei Confidi, occorre anche che i Confidi diventino capaci di selezionare le imprese cui dare garanzia e soprattutto di monitorarne l’andamento successivo, per prevenire il deterioramento del credito. Occorre promuovere ed estendere il rating di filiera per fare godere alle piccole imprese subfornitrici il merito di credito delle imprese a monte.

Voglio chiudere ricordando due ulteriori azioni che possono aiutare le piccole e medie imprese italiane:

– rendere efficiente la rete di supporto per la loro presenza all’estero, dando forza al ricostituito Ice e dando operatività ancora maggiore alla Sace, per favorire l’aggancio della ripresa internazionale.

– un massiccio piano di informazione e formazione, corresponsabilizzando al riguardo tutti i soggetti interessati – imprese, banche, associazioni di categoria, professionisti consulenti d’impresa, soggetti interessati all’ autoimprenditorialità – incentrato sulle potenzialità dello Small business act emanato nel 2010, perché le micro e le PMI, esistenti e ancor più quelle nuove promosse da giovani e immigrati, possano avvalersi delle opportunità offerte dalla legislazione esistente sia in Italia sia a livello comunitario, di cui oggi molto spesso non sono a conoscenza.