“’Con il voto non cambierà niente in questo paese. Purtroppo le cose cambieranno solo quando faremo partire una guerra civile e faremo il lavoro che il regime militare non ha fatto, cioè uccidendo 30mile persone’.

Questa citazione di Bolsonaro, presidente del Brasile, che si è recentemente incontrato con il partigiano sassolese Levoni, parla da sé, è tanto esplicita da non aver bisogno di ulteriore analisi e commento e ci consente di ribadire che la Storia non è solo una successione di azioni e di eventi memorabili: la Storia è soprattutto terreno di coerenza e di moralità.

Questo per dire che il partigiano Levoni non può essere al tempo stesso sostenitore della Resistenza e fan ossequiente di chi, come Bolsonaro, ha una visione violenta della politica, fa della prevaricazione e dell’intimidazione strumenti di gestione del potere, esprime una leadership spiccatamente antidemocratica e autoritaria.

Che Levoni non abbia niente da spartire con la Resistenza lo abbiamo constatato durante la cerimonia del 4 Novembre, Giornata delle Forze Armate e dell’Unità d’Italia, celebrata il 6 novembre a Sassuolo in Piazza Garibaldi.

Ancora una volta, come avviene da molti anni ad ogni celebrazione istituzionale, il 25 aprile, l’8 settembre e ora purtroppo il 4 novembre, il sedicente partigiano Levoni ha dato scandalo pubblico aggredendo verbalmente e insultando con odio e astio palesi la rappresentanza dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia-Sassuolo presente all’evento istituzionale, proferendo non richiesto un discorso ai limiti della denuncia nel silenzio delle autorità presenti, davanti alla cittadinanza.

Sin dagli anni Settanta privatamente, poi con l’uso politico della sua figura da parte di alcuni Amministratori comunali dal 2010 pubblicamente, Levoni ha accusato l’ANPI di Sassuolo di mistificare la storia, di manipolarla, di mentire, di voler nascondere la verità sull’assassinio di Rossi, il comandante della prima formazione sassolese e di sminuire il ruolo di Levoni stesso nella guerra partigiana.

Premesso che non è compito di ANPI promuovere la ricerca storica che è condotta in piena autonomia dalla comunità scientifica degli storici e dagli istituti di ricerca, ANPI non inventa né dice il falso, non ha una sua narrazione né intende produrla sulla Resistenza. Non è costume né interesse di ANPI coltivare l’uso politico-ideologico della storia, fin troppo radicato nel Paese.

Fallito il tentativo della destra di attribuire ai partigiani una sanguinosa strage di militari prigionieri nel Palazzo Ducale, la famosa fake degli “scheletri a Palazzo Ducale”, Levoni pieno di astio e risentimento si è prestato come docile strumento, lui sì, a costruire una nuova narrazione falsa della liberazione di Sassuolo, con l’intenzione di sottrarre il merito storico alle formazioni partigiane per attribuirlo al Corpo di spedizione brasiliano FEB, che diversamente dal caso di Montese, non ebbe combattimenti in città ma solo attraversò Sassuolo nella  piena mattinata del 23 aprile 1945 lasciandovi due autoblinde a guardia delle piazze (vedi fotografie scattate all’epoca). La città era già stata liberata dai partigiani con due caduti e alcuni feriti che rimasero invalidi permanenti.

Nel discorso pubblico e negli scritti di Levoni  stampati nel 2010 dall’Amministrazione Comunale della Giunta Caselli e usciti sui giornali negli anni, l’anziano partigiano accusa ANPI-Sassuolo, che nel gennaio del 1944 non era neppure nata, di responsabilità nell’uccisione di Rossi (sulla cui figura e sui cui uccisori noi rimandiamo ai libri di storia e che resta per ANPI il riconosciuto comandante della formazione sassolese e il suo animatore con Stanzione e Barbolini). Accusa inoltre ANPI di aver attribuito troppa gloria a Ottavio Tassi, ad Armando Ricci, a Giuseppe e Norma Barbolini, ai quali furono conferiti onori militari dagli Alleati e dallo Stato italiano, e poca per sé poiché il suo ego è così sconfinato da manipolare persino la storia generale e la sua vicenda esistenziale di giovanissimo (ma non il più giovane, classe 1929) partigiano. Si attribuisce infatti scontri e combattimenti che non ha mai sostenuto, a differenza del fratello Carlo, e che perlomeno quando la sua memoria era più attendibile, nel 1946, non ha mai dichiarato nella sua scheda personale (si veda la banca dati on line dei partigiani emiliano-romagnoli dell’Università degli studi di Bologna).

Dietro tutto ciò appare la fantasia ormai distorta dagli anni di un anziano che, lui sì, manipola la realtà costruendo narrazioni che non hanno alcun fondamento, ma che sono utili a chi nascosto dietro di lui ha come fine di gettar fango su ANPI e sul movimento resistenziale e di nasconderne il contributo alla storia d’Italia e sassolese gettando su di essi discredito.

Il sig. Levoni come tutti i cittadini ha diritto di prendere la parola nel grande spazio dell’opinione pubblica e di dire tutto quello che crede, accettando il diritto di replica e il rischio di una denuncia, ma con questa presa di posizione ci rivolgiamo  all’Amministrazione Comunale affinchè non gli sia più concesso il diritto di parola quando il protocollo ed il cerimoniale lo prevedono per le sole autorità, e quando non è possibile per coloro che lui ingiuria e offende platealmente difendersi dalle sue calunnie.

L’Amministrazione comunale, che ha il compito di rappresentare tutti i cittadini sassolesi e le vittime della guerra, deve garantire che durante eventi ufficiali non si verifichino più situazioni di questo tipo e ci aspettiamo che questo accada già dal 25 aprile prossimo venturo”.

(ANPI-COMITATO COMUNALE DI SASSUOLO)