Un piccolo segno può fare una grande differenza. È quanto ha scoperto il personale educativo del nido d’infanzia comunale “Girasole” di Scandiano, che da due anni ha avviato un innovativo progetto di introduzione della LIS – la Lingua Italiana dei Segni – come strumento di comunicazione, inclusione e crescita relazionale per bambine e bambini da 0 a 6 anni.

Tutto è nato da un’esperienza personale: l’educatrice Erika Frigieri, dopo aver osservato l’uso sistematico della lingua dei segni nelle scuole svedesi, ha proposto di sperimentare qualcosa di simile anche nella realtà scandianese. Così, nel 2023, con entusiasmo e qualche timore (nessuna delle educatrici era inizialmente formata in LIS), ha preso il via un percorso che si è rivelato sorprendentemente efficace.

La scommessa era semplice quanto coraggiosa: offrire un canale espressivo in più – visivo e corporeo – a bambini molto piccoli, alcuni dei quali con lingua madre non italiana o con difficoltà comunicative. E la risposta non si è fatta attendere: già dopo poche settimane, i piccoli hanno cominciato a utilizzare i segni per esprimere bisogni quotidiani, emozioni e concetti legati alla routine (come il cibo, l’igiene, la famiglia).

Il progetto non si è limitato alla sezione dei più piccoli. Nell’anno educativo 2024-2025, la sperimentazione si è estesa anche alla scuola dell’infanzia comunale “Gianni Rodari”, dove una ausiliaria non udente è diventata figura di riferimento per l’apprendimento della LIS. Anche qui, i segnali sono stati positivi: più attenzione, più interazione, maggiore partecipazione da parte dei bambini, che mostrano curiosità verso i segni e li riportano persino a casa, coinvolgendo le famiglie.

L’approccio scelto è quello dell’apprendimento naturale: la LIS viene inserita nei momenti chiave della giornata – l’assemblea, i pasti, le letture, le canzoni – affiancando la lingua italiana (e in alcuni casi anche l’inglese), in un’esperienza di bilinguismo precoce che rispecchia le indicazioni scientifiche sui benefici cognitivi e relazionali dell’esposizione plurilingue nella prima infanzia.

I risultati? Maggiore attenzione, coesione del gruppo, miglioramento della comunicazione anche tra bambini con fragilità, e un senso condiviso di appartenenza. In alcuni casi, sono stati proprio i bambini più grandi a “fare da tutor” ai nuovi arrivati, dimostrando quanto il linguaggio – anche quello silenzioso – possa essere uno straordinario strumento di cura.

Oggi, quella che era una sperimentazione è diventata una buona pratica educativa, che ha coinvolto anche la formazione del personale e che potrebbe diventare un modello replicabile in altri contesti. “Affiancare la LIS alla lingua italiana – scrive la pedagogista Simona Gherpelli, che coordina il progetto – è un modo per crescere bambine e bambini in un ambiente sano, rispettoso e democratico”.