I pregiudizi di genere influenzano le valutazioni che studentesse e studenti universitari assegnano ai loro professori e alle loro professoresse. Lo mostrano i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Philosophical Psychology.

La ricerca – firmata da Pia Campeggiani (Università di Bologna), Marco Viola (Università Roma Tre) e Marco Marini (CNR – Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione) – evidenzia che, a parità di contenuto, i docenti uomini vengono percepiti come più chiari, competenti e autorevoli delle colleghe donne, mentre le docenti ottengono punteggi più alti solo su dimensioni stereotipicamente femminili, come quelle associate alla cura.

“Il nostro studio mostra che i pregiudizi di genere sono così radicati da influenzare le valutazioni anche quando si legge o si ascolta lo stesso identico testo, attribuito casualmente a un docente uomo o a una docente donna”, dice Pia Campeggiani, professoressa al Dipartimento di Filosofia dell’Università di Bologna. “Nemmeno i partecipanti con idee progressiste ed egualitarie sono risultati immuni dall’influenza degli stereotipi sulle loro valutazioni: un elemento che evidenzia la natura implicita e pervasiva dei pregiudizi di genere”.

I pregiudizi di genere nascono da una serie di aspettative su ruoli, norme e comportamenti associati in modo stereotipico a uomini e donne. Di conseguenza, quando queste aspettative vengono violate – ad esempio nel caso di docenti universitarie donne – cambiano anche le valutazioni delle persone.

Campeggiani, Viola e Marini hanno analizzato questo fenomeno con due esperimenti a cui hanno partecipato studentesse e studenti di filosofia. Nel primo, è stato chiesto loro di leggere e valutare degli estratti di lezioni. I testi erano sempre gli stessi, ma erano attribuiti ora professori, ora a professoresse. Nel secondo esperimento, invece, gli stessi testi sono stati presentati in versione audio, letti da voci maschili e femminili selezionate in base a caratteristiche percepite come tipiche.

“In questo modo siamo riusciti a isolare l’effetto del genere della docente o del docente, mantenendo identico il contenuto della lezione”, spiega Marco Marini, ricercatore all’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR. “La differenza nelle valutazioni non dipendeva quindi da cosa veniva detto, ma da chi le studentesse e gli studenti credevano stesse parlando”.

I risultati del primo esperimento mostrano una significativa presenza di pregiudizi di genere specialmente tra i partecipanti uomini. Gli studenti hanno infatti dato valutazioni migliori ai testi quando questi erano attribuiti a docenti uomini, in particolare per caratteristiche come “chiarezza”, “competenza” e “beneficio in termini di apprendimento”, in linea con gli stereotipi che associano agli uomini posizioni di prestigio intellettuale e autorità accademica.

L’unica dimensione che i partecipanti, sia uomini sia donne, hanno valutato in modo più favorevole quando i testi erano attribuiti a docenti donne è quella della “cura”, anche in questo caso in linea con aspettative di genere.

Interessante, in questo primo studio, il comportamento delle partecipanti donne, che hanno valutato i testi nello stesso modo sia quando attribuiti a docenti uomini sia quando attribuiti a docenti donne. Tuttavia, rispondendo alla domanda se, alla luce del testo letto, avrebbero seguito un intero corso universitario con quel docente o quella docente, hanno manifestato una forte preferenza per i docenti uomini.

Il secondo esperimento ha prodotto risultati ancora più marcati. L’ascolto dei testi in versione audio con voci maschili o femminili ha infatti portato sia gli studenti che le studentesse a valutare i professori uomini in modo più favorevole, sempre con l’unica eccezione della dimensione della “cura”, che ha ottenuto valutazioni più alte per i testi letti da voci femminili.

“Questi risultati ci invitano a riflettere con attenzione su quanto le valutazioni didattiche rispecchino davvero la qualità dell’insegnamento”, osserva Marco Viola, ricercatore all’Università Roma Tre. “E questo vale non solo per i questionari formali, ma in generale ogni volta che si giudica l’operato di una docente o di un docente”.