Il report 2024 documenta e interpreta la realtà della povertà nella Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, restituendo uno sguardo complesso e stratificato. L’espressione “normalizzazione delle povertà”[1], adottata da Caritas Italiana, coglie l’essenza di una trasformazione profonda: la povertà non è più evento marginale, ma condizione strutturale. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, cresce l’urgenza di riconoscere nella speranza una postura necessaria. La speranza come atto collettivo, come responsabilità condivisa, come sguardo che non rinuncia.

L’azione della Caritas diocesana si muove oggi su due fronti principali. Da un lato, i servizi diocesani si concentrano sulle situazioni di grave esclusione abitativa, incontrando prevalentemente persone senza dimora, con percorsi lunghi e caratterizzati da una povertà multidimensionale. Dall’altro lato, i Centri d’Ascolto parrocchiali intercettano un’altra forma di povertà, più diffusa e spesso meno visibile: famiglie residenti, con casa e, in molti casi, con qualche fonte di reddito, ma esposte a carenza di reddito, precarietà lavorativa e abitativa, isolamento e fragilità relazionali. Questa doppia prospettiva ha guidato la lettura dei dati e delle esperienze raccolte, grazie anche all’ampliamento dell’uso della piattaforma OspoWeb a livello parrocchiale.

DATI CHIAVE 2024

Servizi diocesani:

  • Le persone incontrate nel 2024 dai servizi Caritas diocesani sono state 808 (di cui 227 mai conosciute prima). Erano 929 nel 2023: Il dato sul numero delle persone incontrate è soggetto ad una fluttuazione annuale ed è quindi difficile dire se si tratta di una stabilizzazione della grave esclusione abitativa, una fluttuazione oppure di una saturazione della capacità di risposta dei servizi Caritas.
  • L’intensità della povertà aumenta come ci conferma il dato dell’aumento dei pasti distribuiti nelle mense diffuse: 101.964, con un aumento di circa 8.000 pasti rispetto al 2023.
  • Il 63,5% delle persone vive una condizione di grave esclusione abitativa, in aumento rispetto al 59,53% del 2023. Il fenomeno si conferma dunque strutturale e in crescita. Questo dato conferma anche il progressivo sforzo di “specializzazione” dei servizi Caritas su questo specifico target.
  • Il 74,4% delle persone incontrate nel 2024 era già conosciuto dalla nostra Caritas prima del 2024, dato in aumento rispetto al 69,6% del 2023, segnale di una preoccupante cronicizzazione delle situazioni di povertà.
  • Si conferma l’elevata multi-problematicità: si passa da una media di 3,8 bisogni rilevati per persona nel 2023 a 4,0 di media nel 2024.
  • Gli italiani rappresentano il 23,1% delle persone incontrate. Il 76,2% è rappresentato da cittadini stranieri.
  • Si conferma la prevalenza maschile (dal’82,13% del 2023 all’83,79%), ma cresce la presenza di donne con elevata fragilità e maggiore carico assistenziale.
  • Si osserva una netta differenza nella composizione per età della grave esclusione abitativa: per gli stranieri si tratta in prevalenza di uomini in età lavorativa; per gli italiani le situazioni aumentano con l’aumentare dell’età.
  • L’accoglienza (diretta o indiretta) ha riguardato 59 nuclei familiari composti da 159 persone totali (di cui 59 minori). Per un totale di 26.267 notti complessive di accoglienza erogate.
  • Sono stati effettuati 607 colloqui complessivi: 1.159 colloqui formali (di cui 250 in contesti informali) e. 1.448 colloqui informali (1.116 mense + 332 locande).

 

Centri d’Ascolto parrocchiali:

  • Si stima che i Centri d’Ascolto parrocchiali accompagnino tra le 2.000 e le 3.000 famiglie, pari a circa 8.000–9.000 persone. Di queste, il campione attualmente inserito in OspoWeb è di 817 persone.
  • Le donne rappresentano il 63%, confermando il loro ruolo prevalente nella presa in carico familiare e nella richiesta di aiuto, in particolare nei nuclei con figli.
  • I cittadini stranieri rappresentano il 65%, gli italiani il 29%. Anche se colpisce maggiormente famiglie con almeno un componente straniero – in linea con dati ISTAT – la povertà oggi riguarda in modo trasversale tutte le componenti della società
  • Il 78,3% delle persone vive in nuclei familiari con due o più componenti.
  • Il 66,2% abita con parenti, spesso in condizioni di sovraffollamento o precarietà abitativa.
  • Le classi d’età più rappresentate sono quelle centrali (25–54 anni), coerenti con una povertà che colpisce famiglie in età lavorativa.
  • Segnalati come rilevanti i problemi legati all’abitazione, alla mancanza di reti sociali e alla salute mentale. Inoltre il fenomeno delle persone senza dimora viene rilevato anche al di fuori del capoluogo.

TEMI EMERSI

  • Povertà cronica e fragilità multidimensionali: nei servizi diocesani, le storie di povertà sono spesso segnate da lunga durata, isolamento, malattia e difficoltà legate al percorso migratorio e documentale.
  • Ascolto informale e prossimità: cresce il numero di ascolti informali, a indicare lo sforzo per creare spazi di relazione per facilitare l’accesso all’aiuto e la costruzione di legami.
  • Povertà femminile e familiare: nei territori, le donne si fanno carico della domanda di aiuto per nuclei complessi, dove la presenza di figli, precarietà abitativa e fragilità lavorative si intrecciano.
  • Difficoltà di accesso e alleanze locali: a livello territoriale emergono sia fatiche nell’interazione con i servizi pubblici, ma anche buone pratiche di collaborazione e coprogettazione.

UNO SGUARDO CHE CAMBIA

Non si tratta solo di numeri, ma di volti, nomi, storie. Il report propone una visione integrata della povertà, che tiene insieme dati e narrazioni, pratiche e analisi, urgenze e possibilità. Il lavoro di Caritas si conferma come laboratorio di prossimità, in cui l’ascolto non è solo metodo, ma scelta etica e politica.

Le testimonianze dei focus group, delle storie raccolte e delle esperienze territoriali raccontano una Caritas in movimento, impegnata in un pellegrinaggio condiviso con chi vive l’esperienza della povertà. Pellegrini, appunto. Ma pellegrini di speranza.

In un tempo segnato da precarietà e disuguaglianze crescenti, la speranza non è un’illusione. È il filo che tiene insieme le comunità è la scommessa che vogliamo portare nella società. È ciò che consente di continuare a camminare anche quando il passo si fa incerto. È scelta concreta di cura, di ascolto, di giustizia. È la precondizione per ricostruire legami di fiducia fra le persone e nelle comunità.

Pellegrini di speranza è un invito. A camminare insieme, a costruire legami, a restare umani. Con chi è in difficoltà, con chi è fragile, con chi ha smesso di sperare. Perché la speranza, se è autentica, si fa cammino e genera futuro.

 

[1] Caritas Italiana, (2020), Gli anticorpi della solidarietà