Versa su una lastra colla di pesce, sciolta a bagnomaria, la lascia raffreddare e dipinge sulla superficie con pennelli e inchiostri. Poi, quando l’opera è terminata, appoggia un foglio sul dipinto premendolo con la mano, in modo che l’immagine resti ben impressa. In alcuni casi, per ottenere un originale effetto “a bollicine”, lascia cadere sul dipinto gocce di olio o di colla oppure stende il colore con tamponi di carta o di stoffa per esprimere nuove suggestioni.


E’ in questo modo che l’artista Claudio Spattini, modenese, 85 anni, trasferitosi a Parma da oltre mezzo secolo, realizza i suoi originali monotipi, stampe in esemplare unico inventate dal pittore e incisore genovese Giovanni Benedetto Castiglione (1609 – 1665) e con le quali si sono cimentati anche Degas, Sam Francis, Jasper Johns, Sean Scully, Emilio Vedova e Mimmo Paladino.

Ai monotipi di Spattini è dedicata la mostra “Pittura d’inchiostro”, che sarà inaugurata sabato 23 febbraio alle 17.30 al Museo civico d’arte, dove resterà aperta fino al 13 aprile (da martedì a venerdì dalle 9 alle 12, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18, chiuso i lunedì non festivi, informazioni al numero 059 2033100). Un laboratorio-dimostrazione alla presenza dell’artista è in programma sabato 15 marzo dalle 16 alle 17.30, al termine di una visita guidata condotta dalla curatrice della mostra Nadia Raimondi.

“Spattini dipingeva negli anni Cinquanta e dipinge ancora oggi, a distanza di sessant’anni, con immutata felicità creativa e con un entusiasmo non comune”, spiega Francesca Piccinini, direttrice del Museo civico d’arte. “La sua è un’arte che si esprime attraverso la forma, sempre riconoscibile, ma abbreviata, sintetica e sostanziata dal colore, quella stessa forma che ritroviamo anche negli interessanti esperimenti grafici in monotipia – un tipo particolare di stampa caratterizzato dall’unicità del risultato – che costituiscono il filo conduttore della mostra”.

Nato a Modena il 18 luglio 1922, Spattini frequenta il Regio Istituto d’Arte Adolfo Venturi sotto la guida dei professori Arcangelo Salvarani e Renzo Ghiozzi. Durante gli anni di guerra, l’artista si trasferisce a Padova con l’intento di seguire il corso da allievo ufficiale dell’Aviazione, ma, dopo l’armistizio, viene fatto prigioniero e internato prima nel campo di concentramento di Wiztendorf, poi nei pressi di Colonia e infine ad Hannover in un campo di lavoro. Da questo campo, durante l’avanzata delle truppe alleate, riesce a fuggire e a ritornare a casa.
E’ il 1946 e la famiglia Spattini è sfollata in una casa sulla via Vignolese. L’artista si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove avrà come docenti Virgilio Guidi e Giorgio Morandi, continuando contemporaneamente ad insegnare ai corsi serali dell’Istituto d’Arte Venturi.

Poco più che trentenne e ormai già affermato come pittore, nel 1954 Spattini si trasferisce a Parma, dove gli viene assegnata una cattedra per l’insegnamento del disegno. Sarà Carlo Mattioli a introdurlo nei circoli culturali della nuova città ed è proprio a Parma che Spattini ritrova l’amico Amerigo Gabba, pittore e scenografo conosciuto ai tempi dell’Accademia, con il quale inizierà un lungo e proficuo cammino artistico. Partecipa a mostre collettive e personali all’estero, nella città di Colonia, in Germania, e in Italia. Sono da ricordare anche la partecipazione alla Biennale “Aldo Roncaglia” di San Felice sul Panaro e le due esposizioni a Carpi nella Galleria del Ridotto del Teatro nel 1962 e alla Sala Gialla nel 1982.

Oltre alle mostre personali e collettive, suoi dipinti compaiono a livello nazionale in prestigiose esposizioni: la quarta Quadriennale di Roma del 1951, le Biennali di Milano del ’57 e del ’62, la Biennale Nazionale di Nuoro e l’Esposizione “Premio Michetti” di Villafranca a Mare. Dal 1994 Spattini è membro effettivo dell’Accademia Nazionale di Belle Arti di Parma, istituzione fondata dalla Duchessa Maria Luigia.